Disfarsi di qualcosa, o lasciare che questo qualcosa proceda nella direzione disgregante anzitutto della materia, poi del suo essere ontologico, andrebbe riconsiderato non tanto e solo in una visione harawayana protesa a quel make kind,quanto e piuttosto ad una naturale inclinazione delle specie viventi di riorganizzarsi. Lo sa molto bene Linnea Sterte che ci racconta con Disfacimento, (Add editore, 2022,postfazione di Claudia Durastanti, per la collana di fumetti diretta e curata da Matteo Gaspari), una storia di fantascienza che risente dei nodi centrali della filosofia e dell’ecologia contemporanee.
In questo racconto del “divenire” altro, tutto ha inizio con la caccia e la morte di un animale alieno, verosimilmente una balena, le cui carni vengono mangiate dagli stessi che hanno posto fine alla sua vita. Dai resti della bestia nasce e cresce nuova vita. Questo porta al sorgere e al cadere di civiltà, con l’andatura narrativa analoga a quella delle teogonie mitologiche più conosciute non solo del mondo classico, ma anche di quello nordico, sprovvista però di divinità e necessità di impianti fondativi ed eziologici. In un non luogo dell’immaginario, la linea temporale dei fatti e degli eventi procede estesa e imprecisata; nell’ampiezza di eoni la vita del regno animale e vegetale si evolve fino a costituire una una cultura con la quale riflette su se stessa e comincia a guardarsi indietro nel tempo, trovando un modo di connettersi ad una dimensione di passato.
Le tavole liquide e con una predilezione per i toni del verde in tutti i suoi gradienti e del blu, Linnea Sterte, spesso paragonata al Moebius di Icaro, ci immergono in ampiezze sommerse e sospese, prossime all’incontro con creature che saranno o potrebbero avvicendarsi nello scorrere del tempo.
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