E’ l’anagramma del nome dell’artista il titolo un po’ misterioso di questa mostra. Ma si tratta di apparenza, in quanto quel titolo riassume il senso dell’interiorità di Silvia Fiorentino e più in generale dell’essere umano. L’artista impone allo sguardo di ciascuno una creatività eclettica: scultura, scrittura, video, installazione, architettura.
Ma cos’è che emerge nel continuo rimando alle immagini, alle parole che sovente troviamo in queste opere? Cosa ci attraversa nell’osservare questi lavori se non il senso delle numerose componenti emozionali, sociali e storiografiche che costituiscono la vita? E’ proprio quel continuo vedere all’interno ed all’esterno della vita che si trasforma in metafora essenziale del vivere dentro e fuori i luoghi. Sono infatti gli spazi una delle componenti di quelle che lei stessa ama
Le opere esposte non colpiscono per la loro forma, non si servono, infatti, di un’estetica eclatante, ma si fanno forza sul potere intrinseco dei materiali usati, anch’essi simbolici. I volti dei giovani, chiamati dall’artista giovani colombe marziane, detengono il primato d’avere un forte impatto emotivo. Non è casuale l’uso di colori intensi, l’oro, la cera, così come non lo sono le parole spesso scritte e altre volte evocate. Nulla si perde nell’abisso dell’indifferenza, tutto va recuperato, come puro esercizio di scambio emozionale dentro di noi.
La Fiorentino ha carpito lo scorrere della vita, attorno al luogo espositivo, riproponendolo come tassello fondamentale sul quale si regge la poetica della mostra. Numerosi i riferimenti all’attenzione raffinata e scrupolosa nei confronti del materiale umano come, ad esempio, l’installazione a vetro con ritratti di giovani posizionati su una sorta di girandola e ancora le immagini incastonate in elementi massicci in metallo.
Scoprire le energie dei misteriosi libri, abolire i propri confini sensoriali per aprirsi agli impulsi di queste opere è il minimo possibile da attuare per rendere giustizia a questa poetica espressa.
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