Domiziana Giordano pratica un lavoro trasversale che comprende la fotografia -quasi sempre concepita in serie, talvolta accostata per fini parodici alla scrittura-, il video e la recitazione. Il tutto all’insegna di una sostanziale interattività operativa declinata in significati spesso ironici come pure, al contrario, profondamente esistenziali. È quest’ultimo il caso della composizione fotografica in mostra, Metro438, -parte della serie Surveillance Camera– dove l’uomo appare alienato, immerso in un ambiente meccanizzato, fatto di protesi adatte a favorire comodità quotidiane (in questo caso di spostamento). Qui Giordano compone con l’abilità del grafico di classe una serie di scatti temporalmente distinti, frame di un suggestiva narrazione che ha per oggetto il mondo (gli ambienti, i luoghi, il vissuto). Ma la piacevolezza estetica e la qualità formale non devono ingannare circa i contenuti sostanziali dell’opera, che sono invece densamente simbolici ed evocativi. L’artista cerca così di suscitare una riflessione importante circa la relatività dell’umano, sul suo modo affatto assoluto né oggettivo di concepire e di esperire le categorie di spazio e di tempo. Nell’immagine Nov 30 della serie Trains ad esempio, il paesaggio naturale di una periferia anonima, còlto nel medesimo spazio-tempo, assume formalità mutevoli, non controllabili, spiazzanti. Con queste serie di opere -che non a caso si servono del linguaggio fotografico- l’artista mostra la fine dell’illusione di poter restituire il dato reale come qualcosa d’altro al di fuori della percezione individuale. Ciò che riusciamo a sapere del mondo –pare dirci la Giordano- è puro fenomeno, cioè apparenza. Così d’altronde ci viene suggerito da tutta la tradizione filosofica occidentale, da Schopenauer a Nietzsche e prima ancora da Kant (che ruppe definitivamente con il dogma della passività delle sensazioni) per il quale oltre la materia delle percezioni vi è la forma, che dipende esclusivamente dal soggetto, dagli schemi a priori che strutturano la sua psiche.
Qualunque oggetto è sempre difatti determinato dagli schemi insiti nella mente del soggetto conoscente: lo spazio, il tempo, il rapporto di causa effetto che precedono, condizionano e strutturano ogni nostra percezione -peculiarmente umana- del mondo esterno. Domiziana Giordano, con la sua opera, sembra ribadire il concetto secondo cui ogni conoscenza è sempre una costruzione mentale, una rappresentazione individuale. La fotografia in sostanza diviene consapevolmente qui ciò che era per Valery: metafora di ogni nostro processo conoscitivo.
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Domiziana Giordano, Digital Sisters Indeed, Trieste 2003
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Sito di Domiziana Giordano
Redazione Exibart
mostra visitata il 3 febbraio 2007
[exibart]
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Smettetela di dire che questa è arte densa di contenuti simbolici ed evocativi. Smettetela di assecondare volgari tornaconti economici. QUESTA è ROBA VISTA E STRAVISTA, questi contenuti simbolici sono già stati affrontati a partire dall'Ottocento. Domiziana Giordano non dici nulla di nuovo. Sei noiosa. Mortalmente noiosa.