Un viaggio attraverso la materia, un gioco di continui rimandi fra natura e artificio. È quello che propone Ludovico Pratesi con questa mostra dedicata allo scultore Tony Cragg, allestita nella potente intimità di un luogo un tempo dedito al culto e alla preghiera. Per festeggiare i primi dieci anni di attività del Centro Arti Visive Pescheria, l’ex Chiesa del Suffragio ospita sette sculture monumentali realizzate dall’artista inglese negli ultimi otto anni. In questo palcoscenico, popolato da forti presenze che lottano un poco per contendersi lo spazio, si snodano vibranti racconti che con linguaggi diversi parlano di una civiltà orgogliosa alla ricerca delle proprie origini. Profili trasparenti delineano una società cristallizzata organizzata in blocchi ordinati. Un proliferare di forme differenti in grado di convivere, armonizzate e stratificate in contesti che necessitano di ogni più minima presenza.
In Clear Glass Stack 1999 uno spaccato ci appare svelato da un insieme arbitrario di piani. Le sezioni attraversano una sorta di plastico rappresentativo di fantastiche entità urbane in grado di esprimere universi in scala ben superiore. Gli oggetti di vetro che compongono l’insieme, oltre ad essere testimonianze di un universo tecnologico vicino alla civiltà dei consumi, riconducono a differenze culturali che sono ancora in grado di coesistere in un panorama dai profili sempre più appiattiti dalla globalizzazione. Simile ad una stele uniforme e composta da una sottile sedimentazione di detriti che sembrano erosi dalla leggera carezza del vento, Wooden Crystal 2001 è vivificata dal bagliore di ritmati riflessi che l’avvolgono all’esterno di una congelata impenetrabile laccatura. Una rappresentazione d’ascensione totemica che presenta una natura domata e sapientemente umanizzata, capace di proiettare il pensiero verso aspetti trascendenti della nostra esperienza. Al contrario, Divide (2005) sembra disilluderci sulla nostra capacità di piegare gli eventi a nostro piacimento.
La forza implacabile che si percepisce si snoda libera nell’aria con moti orizzontali che lasciano intuire un moto incessante di discesa, movimenti ancestrali che sembrano catturati nel metallo. Un’istantanea d’argento che congela la danza di un fluido energetico in procinto di scaricarsi per trasformare la materia: questa l’impressione davanti all’alta cascata di acciaio di I’m Alive 2003.
La forza creativa e impetuosa che feconda la vita e l’arte diventa un oggetto iconico dalle forme che nella dissonanza risultano virili e sinuose. L’uomo è ancora una volta al centro di questo processo, ultimo destinatario, indagatore ed indagato protagonista di questa ricerca. In Round the Block 2003, la vicenda si snoda attraverso i complessi meandri del corpo sociale che si delinea come blocco unitario dove impreviste cavità scindono i volumi e li umanizzano. Vero protagonista di questo scenario è il tempo che plasma, smussa le differenze, familiarizza e addolcisce i profili, ma lascia le individualità comunque leggibili nella loro essenza. In Relatives 2004 e Wild Relatives 2005 l’individualità è espressa attraverso la chiara entità della materia impressa di volti che si aprono ad un inedito punto di vista, quello interiore. La luce pervade con taglienti riflessi i vuoti lasciati da rapide sequenze di spazi mentali e sembra continuare a scavare dall’interno i volumi per lasciare posto a nuove condizioni.
Sette racconti impressi nella materia, a volte duttile e fragile come il gesso dell’anima, a volte tenace e impenetrabile come l’acciaio della verità divina; a volte articolata e complessa come le serrate stringhe di un codice genetico o i sottili filamenti intrecciati di klaver.
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