Nella prima ritroviamo gli archetipi del nostro immaginario seicentesco, ossia la Milano descritta da Manzoni, mentre nella sezione “Geopolitica” una sequenza di mappe e rappresentazioni cartografiche apparentemente più obiettive ma dove si mescolano rilevamenti di prima mano con segni più legati a interessi o condizioni particolari.
Gustose le vedute cittadine con grande concorso di popolo nelle piazze segnate da edifici che è intrigante riconoscere nella loro immutata identità o nelle loro profonde trasformazioni come la facciata del Duomo e il Castello Sforzesco.
Il lavoro è sicuramente ai suoi inizi, con il fascino e i limiti degli intenti e proprio per questo risulta difficile individuare, dopo queste prime sale introduttive, opere e manufatti in grado di essere sufficientemente emblematici ed evocativi, come spiega Rosanna Pavoni in catalogo. Non mancano veri e propri capolavori che intervallano il percorso labirintico in cui la luce fa splendere, nella sezione Arti decorative e genio milanese la bellissima tazza in cristallo di rocca della Bottega dei Saracchi o l’ostensorio proveniente dalla chiesa di sant’Alessandro, tutti documenti dell’altissimo livello raggiunto dalle maestranze lombarde.
Un settore come quello del sapere scientifico, così intriso del concetto di meraviglia, è rievocato solo dalla ricostruzione del museo Settala mentre grande spazio ha la galleria di ritratti di un’aristocrazia il cui ruolo è ampiamente analizzato nel saggio di Cinzia Cremonini.
Di grande introspezione psicologica è il quadro di Carlo Ceresa mentre assimilabili agli state-portraits sono quelli di Panfilo Nuvolone e di altri anonimi che insistono sui sontuosi abiti descritti in punta di pennello. In questa attenzione allo status symbol di sete e damaschi essi documentano la qualità raggiunta dalle manifatture locali ed infatti era tale la fama di sarti e ricamatori che a Milano giungevano gli ordini dalle più famose aristocrazie:
Comunque la strada è aperta e speriamo di vedere gli sviluppi di un racconto sulle radici e identità di Milano Specchio d’Europa.
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Gabriella Anedi
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