Come nelle serie precedenti Andrea Chiesi prende in prestito il nome di un collettivo storico della scena musicale underground. Seriamente la criptografia di questo artista sembra emanare una vibrazione, se non altro cromatica. La tavolozza ridottissima, i contrasti quasi optical tra i neri e i bianchi, in armonia con il minimalismo della new wave anni ‘80, spogliamo totalmente queste architetture delle connotazioni ambientali per conferire loro qualcosa del geroglifico, a metà tra
A questo si aggiunge la convinzione forte che la pittura non sia lettera morta, ma che abbia, più d’altri mezzi espressivi, la facoltà di rinnovarsi: “Lo considero uno strumento originario, e come tale sempre attuale. La mia, per esempio, è una pittura che risente molto dell’epoca digitale, non tanto nel fare pittorico in sé, quanto nel livello di percezione che utilizzo per realizzare questi quadri” (da un’intervista di Simone Menegoi, Modena, agosto 2002).
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