E’ in voga a Milano l’alto artigianato archeologico. Dopo la mostra di Palazzo Reale sui manufatti artistici dei Sarmati e degli Sciti, le Sale Visconteee del Castello Sforzesco ospitano un’esposizione, curata da Ermanno Arslan e da Maurizio Buora, intitolata L’Oro degli Avari. Popoli delle steppe in Europa.
La rassegna, proveniente dal recente successo di Udine (con oltre 26.000 visitatori), offre un’occasione unica per poter ammirare un corpus straordinario di reperti provenienti dal Museo Nazionale Ungherese di Budapest e da quello di Kaposvàr.
Dai reperti esposti è possibile analizzare l’evoluzione dell’etnia avara, giunta in Europa verso la metà del VI secolo d.C., attraverso un complesso itinerario migratorio che dalla Mongolia, passando l’antica Sogdiana (nei territori degli attuali Afghanistan e Pakistan), si concluse definitivamente nel 567 d.C. nella media valle del Danubio (corrispondente all’odierna Ungheria).
Da fonti storiche bizantine giungono i documenti più utili per ricostruire l’intera vicenda di questa popolazione barbarica di ceppo turco-mongolico: i rapporti con Bisanzio cominciarono nel 565 d.C. e, sebbene con alterne fortune, gli Avari riuscirono a mantenere il predominio per più di una cinquantina d’anni, grazie alle avanzate conoscenze militari. L’etnia bizantina infatti era intimorita dall’abilità nel combattimento dei rivali, tanto da sborsare un cospicuo contributo annuale in oro pur di frenare le continue scorrerie. Ma un assalto mal studiato, organizzato nel 626 d.C. con i Persiani, risultò dannoso per gli Avari: da quel momento cessarono le elargizioni bizantine e iniziò il loro declino politico e artistico.
Per quanto riguarda la nostra penisola, lo storico Paolo Diacono, nella sua Historia Longobardorum fornisce notizie dettagliate sulla venuta di questa popolazione barbarica in Friuli, nell’odierna Cividale. Recenti ritrovamenti di una serie di sepolture avare sono poi stati fatti anche in Molise, e precisamente nel territorio di Campochiaro, dove sono state rinvenute tombe con cavallo che offrono interessanti analogie con quelle della Pannonia.
I corredi delle sontuose sepolture in mostra parlano di un popolo ricchissimo, dedito alla guerra, all’agricoltura e alla pesca, oltre che a una variegata produzione artistica.
Numerosi reperti aurei esposti sono manufatti di Longobardi italiani, Bavari, Alemanni, Franchi e popolazioni romano-alpine, a testimonianza degli scambi intervenuti tra gli Avari e le altre popolazioni europee.
II percorso espositivo prevede, inoltre, una sezione didattica dove verranno organizzati laboratori per bambini. Per l’occasione è stato realizzato da artigiani italiani, oltre al catalogo e al materiale di corredo, anche un raffinato merchandising.
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