Tobias Zielony (Wuppertal, 1973) parla sempre di situazioni ai margini della realtà. Ai limiti della disperazione, anche se di disperazione non c’è mai traccia. I suoi ragazzi, tutti quelli che ha fotografato in periferie spesso uguali le une alle altre -Marsiglia, Halle-Neustadt, Bristol e ora Los Angeles– hanno sempre lo sguardo indurito o assente. Hanno chiara dinanzi a sé la propria condizione e ci convivono. Hanno scelto di non andarsene. Oppure sono stati costretti. Il fotografo mette in luce queste realtà, con discrezione. Entra in contatto con i giovani, ne ascolta le problematiche, diventa loro amico e poi, solo poi, li fotografa. Nelle loro azioni quotidiane, nei tanti momenti “qualunque” che costellano le loro vite, nella loro vita di gruppo, a volte di branco. E ciò che li circonda non è da meno: realtà suburbane desolate, abbandonate, illuminate dai soli fari delle automobili o da qualche lampione, isolato, come i protagonisti delle immagini.
Nel suo ultimo lavoro, Zielony parla di Los Angeles, città di milioni di abitanti e milioni di contraddizioni. Dove il lusso è solo un aspetto. L’altra faccia è quella raccontata dal fotografo. Con colori sempre accesi, evidenti dominanti, a comporre un quadro che inevitabilmente non può essere perfetto. Il paesaggio urbano diventa un importante attore. A completare una visione poco nota eppure perennemente presente. Il taglio è fortemente reportagistico anche se la sua attenzione si posa spesso sulle architetture, importanti elementi nel paesaggio. E sui volti. Spesso isolati nel buio, in cui più diretto è il contatto con lo spettatore. Ciò che ne risulta è un ritratto completo ed esauriente di una parte di società, quella a noi più lontana.
Un ritratto erede, per alcuni aspetti, dell’iconografia cinematografica contemporanea, in cui i colori diventano spesso invasivi e lo sguardo si posa indiscriminatamente su ogni cosa. Volti, oggetti, persone, cose, strutture, talvolta paesaggi. Sono realtà ben note, seppur distanti, che il fotografo non si stanca di ritrarre. E noi osserviamo. Un mondo che rimane ostinatamente uguale a se stesso. Forse con un pizzico di autocompiacimento. Le immagini di Zielony permettono di osservare senza immischiarsi.
francesca mila nemni
mostra visitata il 15 febbraio 2007
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