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fino al 15.IX.2007 | Louise Lawler / Cindy Sherman | Milano, Studio Guenzani

di - 19 Luglio 2007

Se Louise Lawler (Bronxville, New York, 1947) ricerca e descrive l’ambiguità tra realtà e finzione attraverso un’attenta indagine dei meccanismi fondanti il sistema dell’arte contemporanea, Cindy Sherman (Glen Ridge, New Jersey, 1954) rappresenta questa commistione attraverso il cambiamento dello stereotipo femminile fino a creare una nuova realtà immaginaria e grottesca.
Per la Lawler “l’arte è frutto di un processo collettivo” in cui giocano un ruolo decisivo non solo gli artisti, ma anche i curatori, i critici, i galleristi, i collezionisti e i musei. L’artista, pertanto, non è più l’unico creatore dell’opera d’arte, ma, nonostante la sua figura sia spesso mitizzata in nome del valore assoluto della libera creatività individuale, deve adeguare sempre più la sua produzione ai condizionamenti del sistema e degli altri suoi protagonisti, che concorrono a dare un valore specifico al prodotto artistico, divenuto merce culturale da produrre secondo determinate tempistiche e modalità. Oltre che status symbol da esibire. L’artista, attraverso scatti la cui composizione equilibrata nelle forme e nei colori assume toni quasi classicheggianti, tenta così di indagare il contesto istituzionale in cui nasce e si sviluppa l’arte. Nelle sue fotografie, infatti, propone immagini che ritraggono i lavori di altri artisti, come Jeff Koons o Damien Hirst, di là delle quali lo spettatore è invitato a scoprire i veri meccanismi che regolano il mondo dell’arte. Le opere si trasformano, quindi, in “segni estetici che possono assumere significati diversi in base al loro contesto”, mentre l’artista perde la loro assoluta paternità e la propria autonomia artistica.
Cindy Sherman, invece, fa ruotare il proprio lavoro attorno al rapporto identità/rappresentazione: di ogni immagine, dove il suo corpo è lo strumento attraverso cui rappresentare l’altro da sé e, in particolar modo, la molteplicità dell’identità femminile, non solo è la protagonista che si trasforma, ma anche la regista e la “modella camaleontica di se stessa”. Nonostante abbia dichiarato: “Non faccio autoritratti. Cerco di stare il più lontana possibile da me stessa quando scatto le mie fotografie”. Il suo percorso, infatti, s’ispira non tanto alla tradizione dell’autoritratto, ma a quella del cambiamento di identità, inaugurata da Marcel Duchamp, riuscendo così a riappropriarsi criticamente delle apparenze sessuali e sociali veicolate dai media. Le sue performance nascono per essere riprese dalla macchina fotografica e sono quindi condizionate dal codice linguistico peculiare al mezzo. Spetta poi allo spettatore assegnare e determinare alle immagini il significato che preferisce: “quando preparo ogni personaggio devo considerare il fatto che la gente guarderà sotto il trucco e la parrucca in cerca del comune denominatore, del riconoscibile. Sto cercando di far riconoscere alle persone qualcosa di se stessi, non di me”. Offrendosi come specchio e modello ai suoi contemporanei, Sherman analizza così le definizioni dell’apparenza dettate dai mezzi di comunicazione di massa, comparendo sola nei suoi scatti per evidenziare ancora di più la fragilità del sé di fronte ai meccanismi di identificazione e di riconoscimento sociale.

veronica pirola
mostra visitata il 31 maggio 2007


dal 31 maggio al 15 settembre 2007 – Louise Lawler / Cindy Sherman
Studio Guenzani, Via B. Eustachi, 10 (zona Lima) – Info: tel. 02-29409251 / www.studioguenzani.itluciana@studioguenzani.it
Orari: giugno: dal martedì al sabato 15-19,30 – luglio: dal martedì al venerdì 15-19,30 la mattina su appuntamento – dal 28 luglio al 3 settembre chiusura estiva (possono variare, verificare sempre via telefono) – Ingresso libero


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