Preferendo puntare su un nome sicuro, ampiamente riconosciuto, che vede al suo attivo numerose biennali e mostre internazionali, Raffaella Cortese propone per la riapertura della stagione i lavori di Jana Sterbak (Praga, 1955).
Sono opere che portano i segni di un serrato confronto con la storia dell’arte. Se però richiamarsi al passato era all’inizio del suo operato in ambito performativo uno strumento utile per ottenere l’accettazione da parte del pubblico, con il tempo diventa un meccanismo tanto radicato da perdurare anche laddove i mezzi muovono in direzioni ben lontane dall’uso del corpo. Questo avviene in February (2006), lavoro esposto in galleria, in cui il rapporto con l’arte antica si esplica attraverso la reinterpretazione di Cacciatori nella neve (1565) di Pieter Brueghel. Tramite l’uso di telecamere ad alta risoluzione puntate su una pista di pattinaggio, la Sterbak ricerca la stessa attenzione al dettaglio che caratterizza il maestro fiammingo. Qui però ai cacciatori che osservano da lontano i divertimenti paesani, l’artista sostituisce il proprio occhio, parlandoci di un mondo decontratto al quale la lontananza fisica impedisce di appartenere. Un modo per parlarci di sé illustrando con una metafora la nostalgia verso la sua terra d’origine.
Se questo primo video esplica quanto rimane della rimeditazione sulla storia dell’arte nei lavori più recenti, questa tecnica viene presentata in maniera più genuina nella performance Artists as combustible (1986), proposta in video, in cui l’artista incendia la propria chioma, reinterpretando uno dei temi cari alla cultura rinascimentale mitteleuropea, quello dell’artista come generatore di energia.
Se nei lavori della Sterbak compaiono spesso tributi all’area culturale d’origine, è al Canada però che l’artista deve la sua fama internazionale. Waiting for High Water, presentato in occasione della Biennale 2003 nel padiglione canadese, è infatti il lavoro che l’ha portata in maniera massiccia all’attenzione della stampa internazionale. Peccato però che in galleria sia impossibile avere una visione completa di questa operazione in cui si ha il punto di vista di un cagnetto davanti alla città che si allaga: due colonne portanti campeggiano infatti proprio davanti allo schermo. Segnale che dà l’impressione di un’esposizione costruita con la pretesa che il nome dell’artista parlasse già da sé, permettendo così ad alcune note tecniche di compromettere l’apprezzamento del lavoro (basti pensare al video della performance, posto in un angolo dell’ufficio della galleria tra scartoffie di ogni genere e sonori troppo spesso assordanti).
alberto osenga
mostra visitata il 22 settembre 2006
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uno degli aspetti positivi di start è stato quello di conoscere dei colleghi che meritano tutta la mia stima, come raffaella
Gentile Alberto Osenga e redazione "Exibart.com",
apprezzo le recensioni critiche sulle mostre e il coraggio di chi le scrive contrastando la prassi corrente secondo cui se si recensisce lo si fa per elogiare, altrimenti non si scrive affatto.
Le sue osservazioni sono di aiuto per capire come sia stata letta la mostra, ma mi preme fare alcune precisazioni che ritengo importanti:
- che Jana Sterbak sia un nome sicuro ho qualche dubbio. Il suo lavoro è prevalentemente conosciuto dagli addetti ai lavori a cui sono note soprattutto le sue performance degli anni ottanta e novanta. Ad eccezione della Biennale di Venezia del 2003, non si sono avute altre occasioni, in Italia, per conoscere gli sviluppi della sua ricerca artistica.
- Collocando "Artist as a Combustible" in un angolo dell'ufficio Jana ha voluto aiutare i visitatori a collegare passato-presente: l'intenzione dell'artista è quella di mostrare uno dei suoi lavori storici in qualità di raccordo, senza che questo rischi di distogliere l'attenzione dai lavori più recenti, oggetto della mostra.
- "Waiting for High Water", il video sul quale Alberto Osenga si dilunga, non è stato presentato al padiglione canadese nel 2003 poichè si tratta di un lavoro realizzato nel 2005. Il video esposto alla Biennale (exibart fece anche una bella recensione) si intitola "From Here to There".
Penso sia corretto criticare il lavoro giusto.
Cordialmente,
Raffaella Cortese
Raffaella Cortese
-
Galleria Raffaella Cortese
Via A. Stradella 7
20129 Milano
tel. +39 02 2043555
fax. +39 02 29533590
e-mail rcortgal@tiscali.it
http://www.galleriaraffaellacortese.com
In effetti sarebbe stato sufficiente osservare per più di un minuto il video "Waiting for High Water" per accorgersi (e senza possibilità di errore) che non era lo stesso della Biennale. Oppure, più semplicemente, sarebbe stato sufficiente conoscere il video della Biennale (o documentarsi in modo approfondito sullo stesso); tutto questo sempre prima di scrivere... Studiate, giovani, studiate...
Gentile sig.a Cortese,
La ringrazio innanzitutto per la sua mail, che si pone come interessante spunto di riflessione.
Ammetto di aver accostato il video Waiting for High Water, 2005 con il lavoro “From here to there” presentato in Biennale nel 2003. Lavori indubbiamente affini per forma e contenuto, ma come da lei sottolineato prodotti in tempi diversi.
- Nel sostenere che il nome di Jana Sterbak sia “un nome sicuro”, mi baso sulla recente mostra "l'Ombra" di Lea Vergine alle Papesse e sull'esposizione del suo lavoro ad Aosta, ma soprattutto ritengo la presenza in Biennale una sufficiente cassa di risonanza per l'intera penisola. Tralasciando le trascorse esposizioni a Roma, penso comunque che in quanto artista sostenuta da Rosa Martinez (Fondacio la Caixa, Barcellona, 1993) abbia credenziali adeguate per essere definita artista di successo.
- Penso inoltre che possa definirsi “scelta sicura” l’esporre un lavoro che ricalca quanto proposto nel 2003 al Padiglione Canadese.
- Per quanto riguarda il lavoro "Artist as Combustible", a prescindere dal fatto che sia stata l’artista stessa ad indicarne il posizionamento, il mio compito rimane sottolineare tali mancanze, dato che questa sarà anche la lettura dei non addetti ai lavori.
Mi auguro che la mia risposta sia riuscita a risolvere le sue perplessità.
Cordiali saluti
Alberto Osenga