Nella
sconfinata quantità di opere licenziate da Rodin nel lungo periodo preso in
esame (prima del 1860-84) è facile pescare “inediti”. Così nella prima sezione,
ricca di disegni, oli e acquarelli. A partire dalla serie di Nudi maschili (1857-60): prove
accademiche di medio impegno, che si immaginano a riempire taccuini e cartelle
di decine di giovani allievi; attrezzeria d’uso e consumo di una memoria
allenata a riprodurre immagini tratte da ogni dove, dalla natura e,
naturalmente, dagli esempi dei grandi maestri del passato, avidamente copiati
al Louvre.
Il
rischio è di volervi riconoscere, con intento storicizzante, l’impronta
prematura del genio, la predestinazione all’eccellenza. Niente di tutto questo,
nemmeno negli oli esposti: ancora studi di nudo, i pur pregevoli ritratti e le
riprese en plein air degli anni
trascorsi in Belgio, tra il 1871 e il 1877.
che guideranno l’artista per la vita, anche dopo aver scelto la strada da
percorrere, nel segno totalizzante della scultura.
A
fronte dei paesaggi – quasi privi di profondità – l’interesse si concentra, fin
da subito, sulla figura umana, plasticamente indagata in tutte le dimensioni
dello spazio. Se una predestinazione è da trovare, è forse in questo confronto.
A dichiararlo sono le prime statue incontrate, le due versioni de L’Uomo
dal naso rotto: l’originale, in marmo, rifiutata al Salon di Parigi (1864) e il bronzo del 1874.
Significativa
la somiglianza col volto di Michelangelo,
l’artista che più di tutti ha ragionato sulla capacità dei corpi in torsione di
restituire la tensione drammatica dell’esistenza, e che sarà sempre l’astro
principale nei riferimenti di Rodin, consapevole di quanta parte giochi un
rifiuto da parte dell’intellighenzia
accademica nella definizione della nuova figura di artista che cerca di
promuovere: un essere non più teso a imporsi in un codificato entourage culturale,
ma partecipe del genio della creazione, e che “creando l’opera crea se stesso”.
È idea
manifesta nella figura del Pensatore,
figliazione dei tanti progetti generati dalla commissione (1880) della Porta dell’Inferno, ispirata alla Commedia dantesca e pensata per la
facciata del Museo delle Arti decorative che si voleva istituire a Parigi.
Nel
mezzo, il cammino tortuoso di un’affermazione lenta, che mostra l’abilità dello
scultore in ogni campo di prova – dalla terracotta alla porcellana di Sèvres –
portando avanti le ricerche più innovative insieme ai prodotti per l’alta
società: decine di busti ricamati a merletti, pizzi, fiori e sbuffi… I
visetti leziosi e svogliati, così bourgeois,
di Suzon e Diana (1875), “ombretta
sdegnosa del Mississipi”, che sembra uscita da un quadro di Watteau.
Poi le
prime grandi figure stanti, di sconvolgente modernità: L’età del bronzo, tanto realistica da aver suscitato critiche a non
finire per la presunta derivazione da un calco dal vero, il San Giovanni Battista e La Défence, dove l’amore per Rubens incontra la più alta
comprensione di Michelangelo, riassumendo in una disarmonia dei contrasti tra
materia aggiunta e “levata”, tra luce e ombra, tutta la dimensione eroica e
drammatica del maturo Rodin.
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Roma
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mostra
visitata il 27 novembre 2010
dal 20 novembre 2010 al 20 marzo 2011
Rodin.
Le origini del genio (1864-1884)
Palazzo Leone da Perego
Via Monsignor Eugenio Gilardelli, 10 – 20025 Legnano (MI)
Orario: da martedì a domenica ore
9.30-19 (la biglietteria chiude mezz’ora prima)
Ingresso: intero € 9; ridotto € 7
Catalogo Allemandi
Info: tel. +39 0243353522; servizi@civita.it; www.mostrarodin.it
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