Un impianto espositivo volutamente disarticolato, un filo conduttore celato ma persistente, e soprattutto l’ostinata chiusura ad ogni lettura univoca. Sono questi gli elementi fondanti della collettiva in corso alla galleria Ciocca. Tre giovani artisti si confrontano su un tema complesso e affascinante: il rapporto tra casualità e determinazione, tra forma e non-forma, tra organizzazione e caos. Gli eventi -che si concretizzano, fisicamente, nelle opere esposte- sembrano sparpagliarsi senza apparente connessione reciproca, negando ogni tentativo di ordinamento stabile, ogni configurazione predeterminata. L’ispirazione, dichiarata nel titolo e nella nota stampa, viene da un testo di Winfrid Georg Sebald uscito nel 2001 e intitolato, appunto, Austerlitz, un romanzo anti-narrativo che si compone di frammenti evocativi alternati a fotografie in bianco e nero, e da Il caso e la necessità, saggio di filosofia naturale firmato da Jacques Monod del 1971.
Su questa base concettuale si muovono, con sicurezza ed estrema asciuttezza formale, le opere in mostra. A partire dal lavoro di Pierpaolo Leo (Lecce, 1973), musicista pugliese dedito da anni alla sperimentazione elettronica. L’installazione sonora Variations II reinterpreta l’omonima (non)partitura di John Cage del 1961, incentrata sull’applicazione di meccanismi aleatori alla composizione musicale. L’opera del musicista americano, noto per la sua avanguardistica interpretazione del suono come elemento naturale -con la conseguente espulsione di qualsiasi componente di scelta da parte dell’autore- viene in questo caso eseguita da un software scritto dall’artista stesso. Il visitatore è poi invitato a contribuire al farsi dell’impianto sonoro tramite la pressione di sei bottoni/pedale allineati sul pavimento della galleria.
Il tema dell’indeterminazione torna prepotente nel lavoro di Alexander Costello (Londra, 1976), che espone due video incentrati sulla negazione della visibilità (una serie di polaroid in cui l’immagine viene sottratta alla vista proprio nel momento del suo svelamento) e della progettualità (una mano tenta ripetutamente di congiungere due punti su un foglio con linee veloci, generando configurazioni sempre differenti).
Elegante ed evocativa, infine, la proposta di Alessandro Ambrosini (Vicenza, 1981), che espone un’installazione e un video. Sparsi a terra in una configurazione ancora una volta casuale, stanno 365 piccoli fogli su cui campeggiano i volti, disegnati con un tratto rosso e naif, di altrettanti pagliacci. Qua e là, tra i fogli, stanno posati dei nasi da clown, che insieme al carattere infantile dei disegni, evocano quelli utilizzati in alcune strutture ospedaliere per alleviare la degenza dei bambini malati. Appeso al muro, in disparte, sta il foglio numero 366. Ancora il volto di un pagliaccio, stavolta disegnato da un vero bambino con un pennarello verde smeraldo. In sottofondo, a intervalli irregolari, arrivano i suoni sordi di una serie di spari. Nell’immagine video, però, solo un deserto e indefinito paesaggio montano, sul cui cielo saettano, appena visibili, i bersagli di un comune tiro al piattello. Ancora una volta punti, linee, e infinite possibili combinazioni.
valentina tanni
mostra visitata il 30 aprile 2007
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