Fino al 1914 il Palazzo Borromeo a Milano ospitava un prestigioso museo, la Pinacoteca Borromeo, che permetteva al pubblico di ammirare -almeno in parte- la ricca collezione d’rte della nota famiglia. Il museo, aperto in modo non continuativo tra il 1890 e il 1914 fu chiuso all’indomani della Grande Guerra e mai più riaperto. Alla vigilia del secondo conflitto mondiale la collezione fu trasferita all’Isola Bella, perla del Lago Maggiore, dove ancora oggi si trova, non visibile al pubblico ma custodita nel caveau del palazzo di famiglia. E’ quindi un’ccasione straordinaria, quella offerta dal Museo Poldi Pezzoli, per ammirare una trentina di opere provenienti dalle collezioni della famiglia Borromeo Arese.
La collezione si è costituita nel tempo tra il XV e il XIX secolo. Come altre nobili famiglie, i Borromeo furono da sempre appassionati collezionisti d’arte e importanti mecenati. La raccolta fu ampliata in modo significativo grazie al lascito di Giovanni Battista Monti, amministratore della famiglia e collezionista a sua volta che nel 1830 lasciò ai Borromeo la sua ricca collezione di dipinti e opere d’arte del Rinascimento (circa quattrocento pezzi).
La selezione di opere firmata dal curatore Mauro Natale privilegia la pittura rinascimentale di ambito lombardo e riflette la passione per i leonardeschi e la pittura del primo Cinquecento che caratterizzò il collezionismo milanese di metà Ottocento. La raccolta Borromeo dialoga profondamente con quella del “padrone di casa”, Gian Giacomo Poldi Pezzoli, collezione assai eterogenea che comprende armi, gioielli e dipinti raccolti con un’attenzione particolare al Trecento e Quattrocento toscano. Il percorso espositivo non manca di sottolineare differenze e analogie tra le due collezioni, importante spaccato della vivace vita cu
Tutte le opere esposte sono di grande qualità , tra gli artisti i nomi più celebrati del rinascimento lombardo: Vincenzo Foppa, il Bergognone, Giampietrino, Bernardino Luini, il Boltraffio. Straordinaria la coppia di opere del Giampietrino, due dipinti con Didone e Sofonisba: eleganti, raffinatissime nei dettagli, le due eroine hanno forme generose, morbidi capelli e il volto rappresentato con un ovale perfetto nel quale � ancora percepibile l’eco leonardesca. L’esempio di Leonardo è seguito anche da Giovanni Antonio Boltraffio che nel Ritratto di dama ripropone il tema del ritratto psicologico. La donna si rivolge allo spettatore con aria pensosa, la testa lievemente inclinata, il sorriso misterioso; non c’è l’atmosfera sospesa e indefinita dello sfumato leonardesco ma il dipinto è uno dei momenti migliori del pittore milanese che si sofferma -tra l’altro- con particolare bravura sui dettagli del pregiato abito indossato dalla donna. Da segnalare anche una coppia di putti in marmo attribuiti allo scultore Agostino Busti detto il Bambaja.
La mostra si conclude con una preziosa curiosità : quindici manoscritti autografi di artisti, tra i quali una lettera di Pisanello, alcune memorie di conti di Michelangelo, un promemoria di Palladio, testimonianza della singolare passione del principe Giberto VI per gli autografi d’artista.
E’ scontato riflettere sul fatto che senza la passione dei collezionisti molte testimonianze -anche semplici curiosità - sarebbero andate perdute.
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