Un’icona assoluta della body art, un’artista che durante la sua carriera ha descritto un sentiero netto, ribadito e fondamentale per l’arte del presente. Marina Abramovic (Belgrado 1946) è probabilmente l’artista della sua generazione che meglio di chiunque altro ha praticato e restituito alcune delle tematiche più importanti dei nostri tempi: il corpo, il dolore, la performance e lo sguardo femminile nel mondo contemporaneo.
E se altri artisti hanno lavorato con altrettanta efficacia attorno a questi elementi, Marina è forse la sola ad aver formalizzato il suo lavoro in una sorta di intento didattico, restituendo quelle tensioni artistiche in una formula semplice, immediata, e con una messa in scena, è il caso di dirlo, sempre esemplare. Intendendo il suo corpo come territorio di sperimentazione, epicentro energetico e custode di memorie.
Analizzando questo intento “didattico” è bene ricordare la recente performance Seven Easy Pieces, pensata per il Guggenheim di New York, che vedeva l’artista riproporre per una settimana sette celebri performance di illustri compagni di strada come Vito Acconci, Bruce Nauman, Gina Pane, Valie Export e Joseph Beuys. Rievocando quelle azioni, non come semplici citazioni artistiche, ma come valori acquisiti della cultura contemporanea, e trasformando il proprio corpo nell’unico vero “museo” potenzialmente capace di conservare quei gesti e quelle opere.
Per la grande mostra milanese curata da Adelina Von Fürstenberg, Abramovic compone un percorso dal titolo Balkan Epic, radunando tutti i progetti realizzati nell’arco dell’ultimo decennio, dedicati al tema dei suoi Balcani.
Tra le sei installazioni video esposte ricompare così Balkan Baroque, documentazione della famosa performance della pulitura di ossa presentata alla Biennale di Venezia del 1997, azione che evocava con un gesto drastico e definitivo l’idea di sterminio e di apocalisse.
E da un’immagine così forte si passa al dolcissimo omaggio reso al padre (già partigiano al tempo di Tito): The Hero. Qui la Abramovic è protagonista di un video che la ritrae su di un cavallo bianco mentre impugna un’altrettanto candida bandiera, a voler affermare con questa sorta di “monumento equestre” lo spirito di eroismo che oggi si può solo intendere come ricerca di pace.
Si passa poi al grande lavoro corale Count On Us e al video Tesla Urn dedicato ad un altro eccentrico jugoslavo, il grande scienziato Nikola Tesla.
A chiudere il ricco sentiero di immagini, curato negli accostamenti dalla stessa artista, troviamo l’inedito Balkan Erotic Epic. Quest’ultimo lavoro mette in evidenza senza ricorrere a luoghi comuni, visivi e sociali, l’erotismo, la sessualità e la potenza comunicativa del corpo all’interno del contesto etnico dei Balcani.
Attenta a mantenere sempre un discorso che si fa nel tempo, tra presente e tradizione, Marina Abramovic espone le sue riflessioni con la forza dell’immagine, del gesto e del fisico, spingendo a riflettere sul senso dell’erotismo, sul potenziale sessuale individuale e collettivo, aldilà dei territori e delle culture.
Tra conferme e novità, Marina Abramovic, che qui veste anche i panni della professoressa in Balcan Erotic Epic/the Teacher, tiene l’ennesima lezione sulle sue personali ossessioni, e con questa mostra vede il grande spazio dell’Hangar riconfermarsi come uno degli spazi più interessanti in Italia.
riccardo conti
mostra visitata il 18 gennaio 2005
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ottimo articolo per mostra importante e densa di suggestioni culturali.. una domanda all'estensore dell'articolo e/o a coloro che sanno rispondermi: il catalogo è all'altezza dell'evento? un caro saluto e ringrazio anticipatamente..
roberto matarazzo
infatti la resistenza partigiana in jugoslavia era agli ordini di Tito
ma le torri di kiefer sono il monumento alla
pirelli real estate che dobbiamo vedere ogni volta... perchè non escono allo scoperto come in tutte le grandi citta... e poi si paga il biglietto ogni volta...che puri...
marina ha vantato in conferenza stampa provenienze partigiane. In realtà il suo babbo fu generale dell'esercito di tito.
lei ha detto che il babbo ha contrastato tito.