Sorprendente è l’aggettivo che meglio descrive l’opera di Eloisa Gobbo (Padova, 1969, lavora tra Padova e Milano). L’impatto della girandola di colori e forme che avvolge lo spettatore è davvero notevole. Ancora più forte, di conseguenza, è lo spiazzamento che interviene quando si notano, fra le trame della pittura, frasi pregne di sarcasmo e figure disturbanti nascoste in mezzo a quelle più invitanti che fanno da esca.
Le tele e gli arazzi in mostra propongono superfici piatte, in stile pop, ma nelle quali l’oggettività si dissolve in un vortice di segni, simboli e piani che si affollano come i pensieri nella testa nei momenti di stress. E per la Gobbo dipingere è per l’appunto un modo per parlare dei problemi che le stanno più a cuore, riversando sulla tela tutto quello che le giunge all’orecchio e che le impone di reagire. Alcune delle frasi-slogan seppellite fra i segni e i colori sono calembour riguardanti l’attualità, frammenti che si situano sulla sottile zona di confine dove s’intrecciano avvenimenti della sfera pubblica e sensazioni private: “Il sesso è un’arma di distrazione di massa”, “Orgasmi naturali geneticamente modificati”, “I pensieri sono come pallottole”. Altre frasi ancora rimandano maggiormente alla quotidianità, come ad esempio “Uomini a perdere”, che si riferisce alla difficoltà delle donne a trovare interlocutori validi nell’universo maschile.
I segni, nonostante vadano rintracciati con attenzione nel mare magnum delle forme, sono elementi fondamentali: fra i pattern più significativi la scrittura araba e la donna come oggetto sessuale. Spesso è presente il simbolo dello scheletro, inquietante e attraente insieme; in una delle tele sugli “uomini a perdere” appare lo scheletro di un essere mutante, un incrocio fra un uomo e un pollo. Così come mutanti potrebbero essere definiti i quadri esposti, per la compresenza e la compenetrazione di elementi tanto disparati quanto coerenti.
Al di là dell’intensità dei significati suggeriti, è degna di nota, come detto, la qualità estetica dei lavori. Nonostante le superfici piatte e i motivi ripetuti, i quadri della Gobbo esprimono un’estetica prettamente pittorica, ottenuta in buona parte a mano e con l’ausilio non pervasivo di mascherine. Una forte dose di ironia è contenuta nella scelta di fingere di flirtare con la decorazione e con la grafica pubblicitaria, valorizzando ancor più i messaggi che si notano in seconda battuta, nonché l’equilibrio e la ricchezza della composizione.
La poetica dell’artista richiama subito alla mente l’opera di Alighiero Boetti, ma non si tratta di un’ispirazione diretta; è piuttosto questione di affinità elettive che la Gobbo, divertita dalla scoperta di elementi comuni, dichiara di voler coltivare in futuro. Come sottolineato nel puntuale testo in catalogo da Maurizio Sciaccaluga, quella della Gobbo è una pittura che per sondare le inquietudini del nostro tempo usa le armi stesse del nemico, mettendo in atto un’operazione sottile ed esteticamente eloquente.
articoli correlati
Personale di Eloisa Gobbo nel 2005
stefano castelli
mostra visitata il 23 settembre 2006
Alice Neel. I am The Century, è la prima retrospettiva in Italia dedicata alla pittrice statunitense, a cura di Sarah…
L’appuntamento mensile dedicato alle mostre e ai progetti espositivi più interessanti di prossima apertura, in tutta Italia: ecco la nostra…
Tra arti applicate e astrazione: in mostra a Palazzo Citterio fino al 7 gennaio 2026, il percorso anticonvenzionale di una…
A Bari, la prima edizione del festival Spazi di Transizione: promossa dall’Accademia di Belle Arti, la manifestazione ripensa il litorale come spazio…
Il mitico direttore Daniel Barenboim torna sul podio alla Berliner Philharmoniker e alla Scala di Milano, a 83 anni: due…
In mostra da Mondoromulo, dinamica galleria d’arte in provincia di Benevento, due progetti fotografici di Alessandro Trapezio che ribaltano lo…