Piccole esistenze, squarci di vita quotidiana come foto scattate a sorpresa da un’amica, o da un amante. Sono le ragazze di Chantal Joffe (1969, St. Alban): donne senza nome, con un’identità non ben specificata, ma allusa dagli sguardi penetranti e dal contesto -paesaggi, interni, talvolta fondi astratti morbidi come lenzuola- in cui l’artista le ritrae. Lo fa con pennellate veloci, espressione della freschezza di quei corpi giovani e sensuali, e attraverso una maniera pittorica che le ha valso lo scorso anno l’assunzione all’olimpo Saatchi della Young British Art cui, con la sua figurazione, appartiene di diritto.
Joffe dipinge atmosfere inquietanti, livide, volti carichi d’insoddisfazioni, segnati da sofferenze che non conosceremo mai, come delle Sarah Kane nel delirio precedente il suicidio, utilizza tele di piccole
Lo spettatore è così invogliato a chiedersi quale sia la storia delle sue protagoniste, il loro rapporto con Chantal, a cercare nello sfondo una traccia narrativa, un segno che dica qualcosa in più, che ne etichetti l’identità. Salvando chi guarda, in extremis, dalla sensazione di vuoto sconfortante in cui viene proiettati immediatamente, perché impotente, incapace di cogliere e comprendere un dolore così profondo, un’espressione compiacente. O magari solo un cenno di amichevole complicità.
santa nastro
mostra visitata il 4 marzo 2005
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