“Sono un artista che realizza un quadro grigio”. Questa dichiarazione di Alan Charlton (Sheffield, 1948) sintetizza nel miglior modo possibile il modus operandi che da più di quarant’anni contraddistingue la sua ricerca artistica, caratterizzata sempre dalla stessa inconfondibile cifra stilistica. Le sue tele, infatti, sono elaborazioni di un unico quadro grigio, create a partire da un modulo di 4,5 centimetri, corrispondente alla larghezza dei tasselli usati per i suoi telai. Il colore grigio, anche se in realtà si tratta di grigi differenti ma sempre unici a causa di un dosaggio fatto con più colori, applicato in molteplici strati e in modo uniforme sulle tele sospese al muro, copre non solo la totalità della superficie piana, ma anche i suoi lati, riducendo così la realtà ad un’unica immagine di assoluta precisione e purezza formale. Seppur astratte nel contenuto, le geometrie rettangolari come 4 vertical parts (2007), 4 horizontal parts (1996) o 5 vertical parts (1993), ripetute da Charlton con una semplice modularità di massima immediatezza visiva, dialogano in modo serrato con l’asettico spazio bianco che le circonda. In un continuo rimando di silenzi, spazio e tempo rimangono sospesi nell’attesa che si manifestino nuovi stati esistenziali in cui lo spettatore possa elaborare le tracce lasciate dall’esperienza creativa dell’artista.
La muta presenza di questi elementari moduli geometrici, ripetuti e moltiplicati secondo un lavoro costante simile a quello di Enrico Castellani, crea un’inedita scansione spaziale che trasforma le stanze della galleria in un altro luogo, in un ambiente indefinito rispetto a quello originario.
Charlton, infatti, agisce sullo spazio espositivo in modo da ricreare un contesto che, nel risultato finale, riesca ogni volta a realizzare un perfetto contrappunto strutturale con i suoi stessi lavori. La tela, dunque, non è più uno spazio totale, ma si trasforma in un frammento di questo spazio più ampio, in cui tutte le parti sono chiamate a stabilire tra loro un ritmo costante e variabile allo stesso tempo. Un ritmo, fatto di tensioni e pause, che la luce rivela nelle rigorose superfici di Charlton formalizzando così un nuovo concetto spazialità.
veronica pirola
mostra visitata il 1 marzo 2007
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