Tre lavori oblunghi, orizzontali, accolgono il visitatore della mostra di Francisco Larios (Guaymas, Messico, 1960. Vive a Monterrey), alla sua prima personale italiana. La vegetazione di un prato è in primo piano, secondo un punto di vista assai basso rispetto all’orizzonte, mentre il cielo è striato da nuvole rosee e plumbee. Pare di essere accucciati a spiare una scena che si svolge pochi metri più distante. L’iperrealismo con cui è reso il paesaggio contrasta immediatamente con le figure umane che si scorgono, seminascoste. Paiono uscite da uno di quei videogame oltremodo violenti, perché si tratta -a ben guardare- di scene di sopraffazione estrema: in due casi stanno avvenendo delle esecuzioni su uomini inermi, nel terzo un uomo sta per colpire con una mazza da baseball una donna nuda. Quel che però non mancherà di stupire è che l’intero quadro è realizzato in digitale. Integralmente, sia per quanto riguarda gli aspetti più realistici che quelli più chiaramente ispirati dall’estetica computerizzata. Larios è letteralmente un mago dei software più elaborati di modellazione in due e tre dimensioni, dal classico Photoshop a Maya. Ha cominciato a esporre i suoi risultati in questa ricerca alla fine degli anni ‘90. Ma le stampe sono fotografiche, “perché” dichiara sorridente “la qualità del plotter non mi soddisfa”.
Questo scarto fra ambientazione campestre e atmosfera violenta è ancor più esasperato nella serie del 2004 intolata Plants and Animals II. Protagonista è una coppia di bambini nudi che imbraccia programmaticamente armi da fuoco o spranghe, mentre tutt’intorno il paesaggio s’illumina dei bagliori d’un incendio. Se per certi versi la riflessione ricorda quella stimolata da Aes Group, in Larios c’è anche una forte componente anticlericale, come dimostrato dal lavoro che recentemente ha vinto il premio della Biennale messicana, Cabeza de Playa. In questo senso, in mostra è esemplare la rivisitazione dell’Ultima cena leonardesca. I bambini, ancora protagonisti, sono animati da una ferocia pulsante; Cristo imbraccia una mitraglietta, mentre Giuda sta per impugnare un pugnale. In questo lavoro, ci confessa l’artista, un dettaglio è frutto della macrofotografia: “Il fiore in primo piano, viola, in realtà è minuscolo. L’ho clonato in vari punti della stampa e mi piace il fatto che non si distingua affatto dal resto della vegetazione, tutta realizzata in digitale”.
Larios spiega la propria ricerca adottando concetti baudrillardiani: “Semplicemente” dice “non percepiamo più la violenza. Per esempio, in Iraq tutto sembra solo un gioco, uno spettacolo televisivo. Allo stesso modo è stato percepito l’attacco al World Trade Center, ma lì entra in gioco il potere, la sopraffazione”. Non ha bisogno di molte parole per spiegare il messaggio. Il suo lavoro è eloquente quanto basta per mostrare senza mezzi termini quali riflessioni scaturiscono realmente nel “Sud del mondo”.
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ma quale mago...
con poser 5.0, e veramente una stupidagine ottenere simili effetti
è vero, basta andare a vedere un film
d'animazione della Pixar o della Dreamwork e la tecnica qui al confronto
ci rimette
ma nel caso di Larios ci sarebbe il contenuto
il problema é che la tiritera di baudrillard ha fatto il suo tempo: é vero che in TV ci passano tante palle ma c'è forse qualcuno che pensa che la guerra in Iraq potrebbe essere solo una finzione, uno spettacolo televisivo?
e allora se non é una finzione ma una triste faccenda perché raddoppiarla con uno spettacolo di pupazzi? Il digitale interessante non è
quello che duplica il reale riducendosi ad un fradevole virtuosismo (anche se mette l'arma in mano al bambin gesù) ma quello che rompe l'autoreferenzialità del digitale
esponendolo a questioni reali e concrete.
quindi meglio meno tecnica , meno piacevolezza , più contenuto, più conoscenza e magari un gallerista meno modaiolo, più maturo