Per chi ha ancora negli occhi i manifesti strappati di
Villeglé o
Rotella, per chi pensa che esporre alle pareti di una galleria del materiale rubato dalle strade sia un’operazione figlia di un tempo ormai passato, a prima vista la personale di
eltono (all’anagrafe
Xavier Entzmann, Parigi, 1975; vive a Madrid) non aggiunge nulla di nuovo. Ma, come accade spesso in questi casi, è meglio non fidarsi delle apparenze.
Facendo un passo indietro o, meglio, digitando il nome dell’artista in questione sugli abusati motori di ricerca (per chi, ovviamente, già non lo conosce) si scopre una lunga storia di interventi urbani, che hanno portato il riconoscimento dell’attività di eltono (insieme a quella di
Blu,
Os Gemeos e altri) fino alla Tate Modern di Londra.
La sua firma è un diapason, stilizzato e avvolto come una spirale. Come a dire che il simbolo sostituisce la firma, il segno grafico di stampo modernista sta al posto della
tag. Spesso dunque, come si diceva, i colori di eltono hanno impattato su architetture degradate, muri divelti, spazi ai margini delle metropoli di tutto il mondo. Il tratto incisivo costituiva un motivo di contrasto con il paesaggio che si trovava ad accogliere tali sciabolate di colore. “
El Tono e la compagna Nuria intervengono annusando gli spazi quasi in incognito con le loro geometrie raffinatissime. Questa veloce descrizione impallidisce di fronte alla forza comunicativa di tali opere”, sosteneva Stefano Questioli su queste pagine qualche tempo fa.
Le forme precise e spigolose si stampavano sugli intonaci sgretolati, trasformando i muri spogli in opere dal sapore minimalista. Le linee basilari del suo lavoro tendevano a comporre percorsi caratterizzati dalla presenza inequivocabile di angoli retti. Lo sviluppo di queste direttrici nello spazio, ovviamente bidimensionale, permetteva di aprire finestre “pixellose” su qualsiasi superficie su cui si posassero. Le movenze delle spesse linee, poi, ricordavano l’estetica di uno dei più noti videogame da telefono cellulare,
Snake.
Tornando alla mostra in questione, quelli che apparentemente erano sembrati strappi da cartelloni pubblicitari sedimentati l’uno sull’altro sono, in realtà, il risultato della raccolta effettuata dal pubblico degli sticker lasciati dall’artista. L’intervento assume, sotto questa luce, valenze completamente avulse dall’operare di eltono, enfatizzando uno spirito di conservazione e una tendenza al collezionismo molto vicina alle problematiche che affliggono l’arte contemporanea.
In questo senso, la duplice riflessione si attesta in parte sulla deperibilità di un’opera nata per essere fruita in un contesto urbano e in parte sulla necessità di salvaguardia percepita e operata dagli stessi fruitori.