Il gesto, in un solo movimento, libera pensiero ed emozione. Li rende talmente vicini da fonderli. Tanto uniti da farli sembrare, sia fuori che dentro, due istanti sovrapponibili. In questa natura del doppio rientra appieno l’estetica di Takesada Matsutani (Osaka 1963). L’artista giapponese dà l’avvio al terzo ciclo tematico di Arte e scienza portato avanti dalla giovane galleria Nina Lumer di Milano. I lavori esposti fanno parte di un repertorio instancabile, un universo creativo che attinge tanto all’espressionismo astratto quanto alla corrente giapponese del Gutai, invariabilmente. Grazie a questo momento di incontro si svela la visione occidentale allo snodo con quella filo-asiatica. Come sostiene lo stesso artista settantenne, il Giappone ha vissuto la frattura fra Est ed Ovest in maniera traumatica, facendosi carico delle eredità nate dalle reciproche contaminazioni. Le opere in mostra, infatti, ispirate all’ascesi zen e riviste dall’informale dell’occidente, sono il risultato lineare della realtà divisa, quella vissuta in prima persona dallo stesso Matsutani. A metà tra la Francia e la terra del Sol Levante.
Seguendo queste tracce, queste guide di pensiero, i materiali utilizzati sono minimi: vanno dalla colla vinilica su tela, alla polvere di grafite estrusa e mescolata, per creare variazioni opalescenti fra neri e bianchi. Il rigore nell’esecuzione, infatti, permette mescolanze tonali incisive, importando e restituendo energia direttamente dal moto artefice della creazione. Come se le tele e le installazioni non fossero che una semplice traccia, a testimonianza di una scarica emozionale a l
Matsutani coniuga degli interrogativi spirituali con riflessioni più terrestri, che prendono avvio dal turbamento della tela e dalle rispettive risposte della materia. Quelli che l‘artista crea, come dal nulla, sono dunque effetti d’ombra, sfumature che visualizzano ritmo in opposizione. Ogni figura messa in opera è l’espressione di una proiezione propulsiva lanciata verso il fuori. E ognuna partecipa ad una sensazione, una che non trova posto tanto nell’ordine quanto nel caos. Lasciando chi guada in balia di un’immagine che passando ha gettato ombra, per poi scappare e non farsi riconoscere.
ginevra bria
mostra visitata il 23 marzo 2006
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