L’impressione è che siano passati cinquant’anni. Sembra il dopoguerra, invece leggendo le didascalie ci si accorge che non è poi trascorso molto tempo. A volte i ricordi non sono lontani. Semplicemente, lo sembrano. Solo vent’anni o qualcosa di più, eppure tutto sembra così diverso e ancora così domestico. Intimo, appunto.
Vincenzo Castella (Napoli, 1952) ritrae i luoghi che più gli sono appartenuti, passando attraverso molte zone d’Italia, su fino al nord. Interni di abitazioni qualunque, in cui ogni oggetto diventa subito nostro, della casa dei nonni, degli zii o di quella in cui passavamo le estati al mare. Con uno sguardo sempre discreto, quasi dimesso, il fotografo raccoglie i luoghi che ha abitato ricomponendo un immaginario visivo familiare.
Sono gli anni che precedono il celebre Viaggio in Italia del 1984, progettato da Luigi Ghirri, Gianni Leone ed Enzo Velati, viaggio che avrebbe portato alla riscoperta e alla rilettura del paesaggio italiano. Un paesaggio ormai distante dal celebre Bel Paese e sempre più vicino ad una dimensione industriale, industrializzata, persino omologante. Un’attenzione consapevole verso il territorio, talvolta sofferta, che aveva coinvolto venti fotografi -tra cui lo stesso Castella- nell’indagine di quei nuovi elementi che stavano caratterizzando il paesaggio. L’Italia delle nuove industrie e delle nuove periferie, ma anche di antichi paesi in cui il vecchio e il nuovo cominciavano a convivere l’uno accanto all’altro nella più completa indifferenza. La ricerca di quei segni minimi del territorio sempre uguali a sé stessi diventa una delle indagini possibili, l’ultima possibilità. La dimensione privata, la prima via per ricercarli, la più sicura. Gli spazi domestici sono gli unici che continuano a custodire il tempo, a trattenerlo.
In una ricerca durata quasi dieci anni, il fotografo indaga i luoghi della sua vita inquadrando angoli apparentemente comuni e proprio per questo importanti, essenziali. I colori sono sempre discreti, come le inquadrature. Beige, azzurro, giallo chiaro. Le immagini sono costruite su pochi colori e su tutte le loro tonalità, senza mai allontanarsi dai toni medi. Un delicato equilibrio cromatico in cui i bianchi non sono mai assoluti, ma complici dei colori che affiancano. Bianco tendente all’azzurro, al giallo, al verde. Non solo frutto del tempo, ma di una precisa volontà dell’artista. Così com’era stato per Ghirri e quella sua nota attenzione ai colori, mai saturi, ma sempre dimessi e discreti come le cose che ritraevano. Due immagini molto note del celebre autore di Scandiano, Casa di Lazzaro Spallanzani e Casa Benati evocano il lavoro d Vincenzo Castella inserendolo in un preciso contesto e in una precisa poetica. Quella rivolta ai piccoli segni, alle nostre piccole identità.
francesca mila nemni
mostra visitata il 21 giugno 2006
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