Il sottile filo di Ghada Amer (Il Cairo, 1963) si dipana tra Oriente e Occidente e diviene il protagonista di un viaggio fatto di immagini e parole, dove la scrittura si trasforma in trama e ordito su cui poter sviluppare il confronto tra il mondo islamico e quello cristiano. L’artista sceglie il ricamo come mezzo espressivo, spiegando così la sua scelta linguistica: “Ho cominciato perché volevo dipingere senza usare la pittura e servendomi piuttosto di un veicolo femminile per trasformare l’atto del dipingere. Avevo ben chiara in mente la mia volontà di trasformare la pittura non dipingendo. All’inizio non sapevo esattamente come potessi riuscirci cucendo le immagini, però mi piaceva l’idea sia di sperimentare le implicazioni del cucito sia di esplorare il cucire in relazione al dipingere”.
Freedom, Security, Love e Peace sono le parole ricamate in arabo sulle tele grezze con cui nella prima stanza Amer invita il pubblico al dialogo. Sulla superficie del supporto, infatti, s’intersecano i ricami fatti a mano con filati di cotone colorato che celano quasi completamente le parole sottostanti. Il clima che lo spettatore può percepire è di diffusa tranquillità e speranza. Nella seconda sala trasformata in salotto, invece, l’atmosfera cambia perché non solo la carta da parati, dai cangianti colori fucsia, giallo e verde, riporta la definizione in inglese di terrorismo, ma la stessa viene anche ripresa in arabo sul tappeto di seta e lana collocato tra il divano e le poltrone di stile neo-coloniale ricamate dall’artista con la medesima parola in arabo.
È interessante evidenziare, tuttavia, che nella lingua araba “terrorismo” vuol dire intimidazione, sabotaggio, non coincidendo perfettamente con il significato che in Occidente si conferisce a questa parola. Un altro spunto di riflessione che l’artista, di origini arabe ma da anni residente negli USA, consegna allo spettatore che può confrontare con calma i differenti aspetti di queste due culture, seguendo il ritmo lento della scrittura e della lettura.
Nell’ultima stanza si materializza, infine, la collaborazione tra Amer e Reza Farkhondeh, artista di origine iraniana, con il video An indigestible dessert, realizzato in occasione di una performance avvenuta a New York all’inizio del 2007. All’interno di un ristorante due donne, mascherate rispettivamente da George W. Bush e Tony Blair, passano tra i commensali salutandoli con un gesto della mano. Finito il giro tra i tavoli, Amer si avvicina a due grandi torte che riproducono le fattezze del presidente americano e del primo ministro britannico.
Con violenti colpi di martello l’artista rompe la faccia ai due politici per poi permettere ai presenti di cibarsi dei due corpi, dei loro vestiti e dei loro organi interni. Un atto simbolico di cannibalismo, in cui la politica estera degli Stati Uniti, del Regno Unito e di altri paesi occidentali, fagocitata avidamente, viene messa a sua volta sotto accusa.
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