Docente all’Accademia di Brera, Bruno Muzzolini (Brescia 1964) fa parte di quella schiera, in realtà numericamente esigua, che riesce a coniugare approfondite riflessioni teoriche a una pratica artistica che non ne soccombe. In questo caso, il quadro culturale al quale fa generalmente riferimento Muzzolini, l’area francese contemporanea, sembra lasciar spazio alla germanofonia, anche se la mediazione della Francia post-strutturalista si potrebbe ancora rintracciare.
I nomi che paiono risaltare con maggior chiarezza sono quelli di Heidegger e Freud. Del primo emerge Costruire abitare pensare, che Fulvio Papi ha definito “forse il testo filosofico maggiormente letto dagli architetti” (in Filosofia e architettura, Ibis, 2001). Nel breve intervento heideggeriano si stabilisce una differenza radicale fra l’abitare originario, definito “come avere un modo di essere nel mondo dal quale derivano le altre prassi”, e il costruire, concetto dalle caratteristiche spiccatamente strumentali.
Per quanto riguarda Freud, in primo luogo si rammentino le pagine nelle quali abbozzava l’ipotesi del Significato opposto delle parole primordiali. Teoria ripresa nel più noto saggio dedicato al Perturbante, che in tedesco suona, nella sua declinazione attributiva, Unheimlich. Ossia ciò che non è familiare, ch’è spaesante, ove il Paese accogliente per definizione è la casa, il focolare domestico, magari l’utero materno. Il problema è però il confine. E la sua porosità. Come nei significati opposti di cui sopra. Allora familiare e spaesante s’intrecciano e si muovono di soppiatto, rendendo ardua la distinzione, talora impossibile, e facendo divenire ancor più perturbante la sensazione di spaesamento. Per semplificare fino alla cronaca, basti pensare alle violenze sessuali fra le mura domestiche.
Questa premessa potrebbe fungere da strumento per leggere la seconda personale di Muzzolini da Fabio Paris. Video e fotografie che hanno come soggetto la perturbazione subìta dalla casetta, in origine trasparente, che si vede in mostra. In variegate situazioni ambientali, è scossa dall’interno da un profluvio di detonazioni. Sono fuochi d’artificio, colorati e gai, almeno nelle intenzioni dei fabbricanti. La casa si riempie rapidamente di fumo, patisce le scosse degli spostamenti d’aria e le collisioni dei razzi contro le pareti. Poco dopo il rumore si acquieta e a dominare è il fumo denso che colma lo spazio interno, salvato dall’implosione grazie a minimi sfiati. Il tutto (in)visibile nei video e immortalato negli scatti stampati in grandi dimensioni. In altre parole, tutto quello che potreste vedere comprimendo concettualmente e fattualmente le azioni di Cai Guo-Qiang. Con risultati certo meno spettacolari, ma sicuramente più avvincenti.
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