Con la sua non comune capacità di armonizzare l’estetica pura dell’antichità classica con i valori plastici del Barocco, il movimento tipico dell’Ellenismo con le tensioni formali dell’Espressionismo e delle Avanguardie, Adolfo Wildt -milanesissimo nonostante il cognome svizzero- è uno scultore che forse non gode di illustre fama presso il vasto pubblico (che raramente in tal materia sborda oltre il Canova), ma che si può senz’altro definire grandissimo.
Nato a Milano nel 1868, primo di nove figli, e morto sempre nel capoluogo lombardo all’età di 63 anni, a Wildt sono dedicate due mostre: a Gemonio e a Milano. La prima, allestita al Museo Civico Floriano Bodini -museo con la filosofia dichiarata di dar voce agli interpreti del Novecento, da Lucio Fontana a Jean Rustin- tradisce già dal titolo, Anima Mundi, la volontà di privilegiare l’aspetto spirituale, creativo dell’arte scultorea, per Wildt molto più che un semplice atto formale. A Gemonio, dunque, grande pathos e dimensione etico-estetica nei tredici marmi esposti a cura di Daniele Astrologo Abadal, come il ritratto dell’aviatore Arturo Ferrarin (1929), di splendida polizia formale e dall’ardita concezione “a incavo”; l’inquietante Maschera dell’idiota (1910), che richiama le maschere del teatro greco qui rivestite di una nuova tragicità ironica; i tremendi Pargoli Cristiani, Cave Canem – Humanitas (1918) e la Concezione (1921), proveniente quest’ultima dalla collezione dell’industriale tessile Guido Rossi che fu legato al Nostro da grande amicizia.
“Le forme accademiche”, scrisse dell’insegnamento wildtiano lo scrittore e critico Ugo Ojetti, “devono morire completamente. Allo scolaro necessita invece un insegnamento di arte-mestiere che gli permetta, come nell’antica Grecia e nel nostro Quattrocento, di mostrare che artigiano e artista camminano indivisibili”. Così lo scultore operava, nei suoi lavori, la sintesi di facoltà tecniche e intellettuali, di arte e artigianato, di estetica ed etica. Dimostrazione di ciò è anche l’altra esposizione, allestita a Milano presso la Galleria della Banca Ponti, che raccoglie di Wildt una selezione di pergamene: dal Progetto per il monumento funebre ad A. Bonzagni (1919) a L’opera di Gaetano Previati (1920), da Amen (1914) a Fede e religione (1917), da L’ombra (1913) a Poesia e musica (1920), lavori che esprimono ora il valore immortale dell’amicizia, ora il sentimento religioso connaturato all’uomo, ora la sua dimensione spirituale, fatta soprattutto di inquietudini. Le mostre sono abbastanza ben allestite e complete anche sotto il profilo critico, ma per saperne di più è ottimo il catalogo edito da Silvana Editoriale – Montrasioarte, che oltre ai saggi contiene una ricca sezione iconografica con fotografie d’epoca.
elena percivaldi
mostra visitata il 20 luglio 2007
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Un grandissimo! Purtroppo sempre troppo poco conosciuto ai più.