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fino al 3.III.2011 | Biro Show | Milano, The White Gallery

di - 31 Gennaio 2011
Uno
sputo o tutto un personalissimo universo, una biro può erogare a livelli
plurimi le sue potenzialità. È l’oggetto che con maggior naturalezza s’incastra
in una mano, così scorrevole che niente e nessuno può stopparla. La sua
essenzialità ne ha fatto un mito, qualcosa di così bello e importante che c’è
sempre, come il sole o il sesso.

La
semplicità della penna biro la rende uno strumento altamente malleabile, indi
un’arma inevitabilmente artistica. Versatile come una sgualdrina, potremmo
quasi dire, declinazione rischiata ma elusa con la modifica del cognome del
francese Marcel Bich in Bic (poiché
l’h finale avrebbe potuto condurre alla pronuncia inglese di bitch: pericolo scampato).

La
linea tracciata da The Biro Show
assume talvolta le sembianze del tratto colorato e colorito (vedi Sandra Virlinzi con Sbalzi di passione), altre volte netto,
pulito ma giocoso come quello di Hell’s
Kitchen
di Jeremyville, dove
buffi personaggi dall’atteggiamento serioso svolgono faccende quotidiane
immersi in un caos vivibile perché (o benché) ilare.

Presente
come il nome non suggerirebbe, la coreana Kappao
opera su cartoncini, prima servendosi di un segno spoglio e senza pretese, poi
perforandoli con bianche teste animalesche. Minacciose? Burlesche? Di certo
intimidatorie, e in ogni senso conduttrici di spessore per il lavoro.

James Mylne, invece, raffina la sua tecnica al punto da farla
scomparire: l’effetto biro comunemente riconosciuto è sostituito da un
chiaroscuro magistrale, che rasenta il realismo fotografico. Ricercatezza
metropolitana, questa. Carica, sonora,
urlante come la sua scimmia la penna di
Santo Nicoletti
, tanto che la carta quasi ne viene trapassata, come da
colpi graffianti. Il bianco degli occhi e il nero della bocca si congiungono in
un solo grido; il segno vibra, e così chi lo riceve.

Più
sospese le utilitarie, nei toni del blu, di un certo Billie Jean, laddove un tratto incostante e variegato conferisce
movimento alla rappresentazione di una folla di automobili, padrone di uno
spazio continuamente contaminato. Un’overdose di auto tutte puntate nella
stessa direzione. Un digitale che accoglie disegni sbavati, colorazioni
approssimative e pastose, quello di Alexander
Costello
. Combinazione contraddittoria, come il suo cielo che fa da
sostegno a scale a pioli, come lo squillo cromatico sul fondo bianco e nero.

Gli
artisti sono molti: il blu dona vita anche ai teneri pinguini di Pao, che realizza una divertente
immagine dal clima natalizio; un filosofeggiante Gianni Perillo si fa morbido e poetico, consentendo alla penna di
esprimersi nelle sue due massime arti; poi Giuseppe
Borrello
, fra le cui mani una biro sembra diventare pennello per plastici
ritratti.

Tra
nomi più o meno freschi della scena contemporanea, ne spiccano alcuni che
riconducono a figure note del passato recente, come Nizzo De Curtis (nipote di Antonio) o Caterina Crepax, che scolpisce la carta, o ancora Lisa Ponti (figlia di Gio), supportata
dal fedele bastone, ricorda quanta innocenza si possa recuperare nel tornare
bambini.

Il
mondo è inondato da fiumi d’inchiostro, che può arrivare più a fondo di una
lama. Il trucco è stare dalla parte del manico.

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Costello
a Napoli

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mostra
visitata il 20 dicembre 2010


dal 2 dicembre 2010 al 3 marzo
2011

Biro Show

a cura di Giovanni
Policastro

The White Gallery

Via Felice Casati, 26
(zona Porta Venezia) – 20124 Milano

Orario: da martedì a
venerdì ore 15.30-19 e su appuntamento

Ingresso libero

Info: mob. +39 3460215837;
thewhitegallery@vodafone.it; www.thewhitegallery.it

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