E’ un periodo ricco di esposizioni e celebrazioni per Julian Schnabel (New York,1951). Una grande retrospettiva a Francoforte (che il prossimo autunno raggiungerà Napoli), un’imponente monografia e ora questa esposizione dei suoi più recenti lavori che occupa entrambe le sedi della galleria Cardi, una delle poche gallerie private di Milano adatta ad ospitare opere di formato così imponente, che aveva aperto il nuovo spazio tre anni fa proprio con Schnabel.
Il pittore statunitense, in questa “doppia” mos
I dipinti della nuova serie hanno come sfondo particolari più o meno ingranditi della stessa immagine, che si intuisce sacra (in alcuni casi compaiono i piedi di un crocifisso). Tale immagine è riportata su tela ed è come congelata, “plastificata” da uno strato di resina steso più o meno regolarmente. Sopra questi due elementi si accumulano, in un misto di armonia e contrasto, grandi tratti di colore, forme, onde, scritte, grumi di cera. Concetti come astrazione e figurazione perdono di senso, sublimati in un universo multiforme creato ex novo dal pittore. Le cornici in stile barocco fatte di fibra di vetro sono ancora una volta parte integrante dei lavori dell’artista, mentre le imponenti dimensioni -una costante nell’ormai nutrito corpus di Schnabel- fanno il resto, senza voler essere una strizzata d’occhio al pubblico e alla spettacolarità, ma piuttosto una necessità espressiva. S
Nonostante la qualità accattivante, i lavori sono piuttosto criptici sul piano del significato, sollecitano contemporaneamente i sensi e l’intelletto, e si configurano come una sorta di ‘rebus visivi’ (complice la presenza di parole e frasi talora bizzarre, come “Blessing the salmon”e “I can cook and play the guitar”). Proprio questa necessità di “decifrare” ha spinto il grande scrittore americano William Gaddis a lodare Schnabel perché “ci costringe a guardare e riguardare” a lungo le sue opere. Un buon consiglio per il visitatore di questa mostra.
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stefano castelli
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