La galleria è nuova, una piccola ma curata nicchia espositiva nel cuore di Brera. L’artista è una giovane toscana, classe ’74, diplomata a Firenze e trapiantata a Milano. Il curatore è Luca Beatrice, che la presenta amabilmente in un catalogo molto femminile. Sonia Ceccotti, confidenzialmente So’, riempie di luce le due sale attigue della galleria con una serie di autoritratti che la colgono in pose naturali, innaturali, malinconiche, allegre, sensuali, infantili. Ora con un occhio quasi sbadato rivolto a tutto il corpo, ora con una cura oculata rivolta ad un solo particolare, quasi sempre una bocca particolarmente carnosa. La pennellata larga e fluida, il colore grande protagonista in un continuo scambio luminoso, Ceccotti sperimenta il ritratto con la freschezza della gioventù.
Scrive il filosofo francese Jean-Luc Nancy, nel suo testo Il ritratto e il suo sguardo: “Così il ritratto conquista la sua dignità artistica solo alla condizione di essere, nei termini della tradizione, “ritratto dell’anima” o dell’interiorità, non più dell’apparenza esteriore, ma proprio al posto di quest’apparenza, al suo stesso posto”. Se così fosse, anche Sonia avrebbe voluto portare sulla tela la sua se stessa più intima, la sua anima e non il suo corpo. Questo
Lo ama, e lo vuole mostrare al mondo, senza malizia e senza esibizionismo, con la gioia immediata del bambino che si scopre piano piano, e vuole darsi agli altri. Alcune tele, quelle in cui indossa un abito colorato, richiamano il Messico di Frida Kahlo (di cui sembrano ritornare la voluta ingenuità dell’immagine, il tocco immaginifico e quasi fiabesco, e non ultimo il concetto stesso di autoritratto femminile), altre la colgono in pose insolite: di spalle, accovacciata, a cavallo di una seggiola, dolcemente abbandonata sul letto. E’ il trionfo della donna, del corpo all’apice della sua femminilità, seppure stemperata dall’infantilismo del tratto e del particolare. La scena è interamente posseduta da una lei che non si vanta di esserlo, lontana anni luce dall’idea della donna fatale, eppure assolutamente padrona di un primo piano che non si cura dello sfondo: ora è una parete monocroma, ora è lo sfondo qualunque di una casa qualunque, in un qualunque giorno d’estate.
barbara meneghel
mostra visitata il 20 dicembre 2005
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e pure la gallerista è una bella donna. Notevole il grande urlo sulla sedia, mentre le bocche sono delle vere chicche (ovviamente qui mi riferisco ai dipinti).