La manifestazione si è tenuta in due padiglioni del quartiere fieristico milanese, con la partecipazione di circa 150 gallerie selezionate fra le più importanti e influenti del panorama italiano con l’aggiunta di alcuni nomi internazionali di grande rilievo (Barbara Gladstone Gallery di New York, Art & Public e Analix Forever di Ginevra su tutti). L’organizzazione è stata curata da Rassegne s.p.a. (società formata da Fiera Milano, Cosmit e MiArt s.r.l.) che quest’anno ha tentato, riuscendovi in parte, di dare un volto nuovo e, diremmo, un’immagine più originale della manifestazione milanese che, com’è noto, continua a soffrire di un certo complesso di inferiorità rispetto ad Arte Fiera di Bologna. E’ il momento dunque di cominciare a trarre qualche conclusione su MiArt. L’esperimento di dedicare un intero padiglione alle gallerie che trattano le opere delle ultime generazioni si può giudicare riuscito, a giudicare dal particolare interesse del pubblico e dai bollini rossi appiccicati accanto alle opere. Ora vi sarà qualcuno che dirà che Basilé, Beecroft, Arienti, Neshat ecc. non sono proprio una novità, qualcun altro avrà di che ridire sulla presenza di artisti che forse avrebbero albergato più comodamente nel padiglione accanto (quello dell’arte storicizzata) e tuttavia, complessivamente ci pare che la strada da seguire sia questa, almeno fino a che in Italia non si potrà finalmente avere Una fiera dell’arte contemporanea e Una fiera dell’arte moderna, studiando manifestazioni collaterali all’evento commerciale che attraggano anche visitatori non interessati al mercato e che spingano ad approfondire gli aspetti poco noti che stanno dietro il successo di un artista (la critica, le politiche di mercato, i rapporti editoria-gallerie, e via dicendo). Tornando alla fiera appena conclusa del padiglione “storico” ricordiamo i sontuosi De Chirico, gli innumerevoli Scannavino, i tardi (purtroppo) Hartung, la messe di Campigli, i bei Palladino e via dicendo ma anche un complessivo e interessante ritorno dell’astrattismo figurativo del ‘900 italiano. Debole la presenza straniera che è stata invece forte nel padiglione “contemporaneo” dove la fotografia l’ha fatta da padrone. La fotografia come vero mezzo di espressione artistica contemporaneo porta con sé la doppiezza del documento (progetti, installazioni, performance, ecc.) o dell’opera d’arte fine a sé stessa. In ogni caso, e si sappia, la fotografia rende un oggetto, duraturo, mobile e pratico; come un quadro ha dimensioni le più svariate, ma forse più del quadro è sentita vicina alla sensibilità e creatività giovanile; infine, e qui volevo arrivare, la fotografia è un oggetto facilmente commerciabile, addirittura trattabile su cifre qualche tempo fa impensabili, ma commisurate al giusto riconoscimento che abbiamo attribuito a questo strumento o oggetto artistico. A fare da corollario alle esposizioni delle gallerie le mostre “Nuovi lumi a San Pietroburgo” a cura di A.B.O., interessante squarcio sulla pittura giovanile russa e “Teatro metropolitano” frutto di una riflessione di S. Risaliti sull’immagine della città. Vi erano inoltre gli stand di alcune riviste di prestigio e quelli di alcuni enti di documentazione sull’arte contemporanea.
Milano si pone tra gli appuntamenti di Bologna e Basilea: oggi dobbiamo dire, ancora, che Milano è meno interessante di Bologna e meno internazionale e aggiornata di Basilea e tuttavia ha una sua nicchia e il florido (per l’Italia) panorama galleristico milanese non può che giovare, alla lunga, allo sviluppo di questa manifestazione.
Alfredo Sigolo
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