Dal bus, Black Volta lungo la strada tra Techiman e Tamale (Ghana), 27 dicembre 2020, ph. Rebecca De Marchi
Il paesaggio a un certo punto cambia. Un punto non può essere un confine, è attraversato da un fascio infinito di linee che lo congiungono ad altri luoghi. Quella su cui mi trovo è la strada N10 uno dei due bracci della biforcazione che collega la città snodo di Techiman con il nord del Ghana, la via che conduce piÚ ad est, alla Northern Region.
Dal finestrino del bus, per chi come me proviene in dicembre dal sud del paese, lâesuberanza della vegetazione lascia il posto alla terra arsa. Prima erano i verdi forti, il fitto di piante diverse che abitano ai lati della strada appena fuori dai centri abitati. Visto dai suoi bordi si presenta come un abbraccio indissolubile, sciolto dallo sguardo esperto di chi conosce le caratteristiche delle varie specie e le indica per nome. Solo dopo kilometri di âscuolaâ si inizia a riconoscere un Anacardio da un Mango, una Palma da cocco da una da olio, una Papaia dalla pianta di Cacao. Eppure le differenze sono macroscopiche, ma lâapertura a tutta questa novità è lenta. O cosĂŹ è per me.
Ecco, oltre quel punto, il paesaggio che conduce verso Tamale si asciuga, e i colori si fanno piĂš severi: il bruno della terra bruciata, il giallo terra di Siena âche è terra di Dawadawaâ dei palazzi delle termiti, gli azzurri cinerini degli specchi e dei corsi dâacqua, il grigio bianco del velo sottile di polvere che il vento solleva e lascia depositare.
Tamale è una meta culturale obbligata. Nel 2019 lâartista Ibrahim Mahama (Tamale, 1987) â ghanese con curriculum internazionale, di cui in Italia si sono potute ammirare, alla Biennale di Venezia del 2015 curata di Okwui Enwezor e ai Caselli Daziari a Milano nel 2019 per la Fondazione Trussardi, le sue monumentali installazioni (ce ne parlava lo stesso Mahama in questa nostra intervista) che portano a riflettere sulla globalizzazione, la circolazione delle merci, il lavoro e la migrazione; e di cui è attesa per questa primavera la mostra a Napoli al MADRE, esito della collaborazione con lâOsservatorio Ethos Luiss Business School â ha avviato il Savannah Centre for Contemporary Art â SCCA Tamale, un artist-run project space per lâesplorazione vitale e partecipata dellâarte contemporanea.
Lâanno seguente è apparsa Red Clay, e nuovi punti nella cittĂ e nel paese stanno sorgendo, tracciando una rete di luoghi in dialogo critico con i lasciti della storia, e il loro maturo riscatto nellâattualitĂ contestualizzata del fare, alimentato dal potere trasformativo dellâarte e dal confronto con la scienza e la tecnologia.
Lo scambio continuo e reciproco sul filo della storia, tra tradizione e contemporaneitĂ , attraversa lâopera di Agyeman Ossei âDotaâ a cui è dedicata la seconda mostra ospitata nello spazio di SCCA Tamale e che per la prima volta apre al pubblico quelli di Red Clay.
La retrospettiva di questo artista poliedrico e schivo, classe 1960, âAkutia: Blindfolding the Sun and The Poetics of Peaceâ (Allusione: Bendare il sole e la poetica della pace; Akutia è un vocabolo Twi, una delle lingue ghanesi), curata da Adwoa Amoah, Kwasi Ohene-Ayeh e Tracy Naa Koshie Thompson, è parte di un programma decennale di rilettura dellâopera dei precursori di una corrente artistica i cui autori con lucida maturitĂ si posizionano tra le peculiaritĂ del contesto locale e lâaggiornato uso critico dei linguaggi artistici internazionali. Una maturitĂ elaborata tra le maglie della storia stratificata di un paese che è stato nel 1957 il primo in Africa, sotto la guida di Kwuame Nkrumah, a raggiungere pacificamente lâindipendenza dal colonialismo, inglese nello specifico.
Una trama intergenerazionale che connota blaxTARLINES â comunitĂ di ricerca artistica nata presso il Dipartimento di Arte della Kwuame Nkrumah University di Kumasi dal soffio vitale del Dr. kÄ rĂŽâkấchä seidâouâ, a cui il centro artistico di Tamale è affiliato. Una mise en abyme della collaborazione, a cui il titolo della mostra allude riferendosi a uno dei proverbi della tradizione Asante (la regione centrale del Ghana) al cuore dellâopera di âDotaâ: âle mani di un solo uomo non possono coprire gli occhi di Dioâ.
Mahama, come il team a maggioranza femminile di giovani artisti-critici che curano la mostra, sono parte della comunitĂ di blaxTARLINES e con loro molti di coloro che in una coralitĂ estesa alle persone del territorio hanno preso parte con le proprie competenze, conoscenze ed energie alla costruzione della mostra e del programma di attivitĂ che ne segue il periodo di apertura: allestitori, restauratori, comunicatori, fotografi, agricoltori, artigiani, musicisti, traduttori.
Nello spirito vitale del centro dâarte lâinaugurazione âche si è tenuta a inizio settembre, nel rispetto dei locali protocolli COVID-19 â è il cardine tra lâimportante lavoro di studio e interpretazione dellâopera di Ossei e la vibrazione che negli ambienti corre, evolvendo, tra tutte le presenze.
A Tamale la terra è rossa, argillosa, ne è un indizio il nome di una delle due sedi del Centro Culturale, Red Clay. Spazzata dal vento e dal passaggio delle auto si disperde nellâaria, attraversa spazi esterni ed interni, degli ambienti e dei corpi, e avvia una performance ininterrotta di stracci che si muovono per liberarne, seppur temporaneamente, le superfici degli oggetti. A SCCA Tamale la si è accolta solida, uno spesso strato ha ricoperto la superficie di calpestio, interrompendo la divisione tra fuori e dentro, obbligando a fare esperienza della mostra anche con i piedi che ne seguono le irregolaritĂ , in parte memoria del passaggio e delle soste di altre persone, in parte accompagnamento allâinstallazione di una scultura, figure umane in argilla e resina a una scala di poco superiore a quella naturale che compiono gesti ordinari della tradizione viva ghanese: la preparazione del fufu (una specie di polenta) o le mosse dellâoware (un gioco da tavolo).
Nel grande ambiente a Red Clay la scultura duetta con postazioni di gioco libere per chi desidera sfidarsi in una partita; in vasche di acqua o terra le piante a pieno titolo fanno parte della mostra, un omaggio a una fonte di ispirazione spesso ritratta nelle opere. Arte e vita. Come ricorda lâartista, un giorno una donna a cui lui stava cercando di spiegare le proprie opere gli chiese se non avesse realizzato che tutte le sue sculture erano proverbi che parlano alle persone.
Ecco svelato il cuore del lavoro di Ossei, nelle varie forme che assume: dramma radio, piece teatrale, dipinto, video, animazione, o appunto scultura. E citando un altro proverbio, âcolui a cui lâallusione è rivolta lo sa inequivocabilmenteâ. La cultura è polimorfa, generata dalle esperienze, arricchita dallo scambio.
La forma psicologica del paesaggio ghanese che scorre senza soluzione di continuitĂ tra uomini, animali, piante ed entità è distillata in questi detti a cui lâartista da nuova materia, estendendo questa corrente dialettica ai linguaggi contemporanei. âQuando chi pronuncia un proverbio comunica con chi lo ascolta, si innesca la paceâ. A Tamale è in atto unâallegoria del Ghana.
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