Eugenio Tibaldi, Atopos, 2023, installation view, Courtesy l'artista e The Drawing Hall
ATOPOS, il progetto di Eugenio Tibaldi a cura di Lucrezia Longobardi per The Drawing Hall (a Grassobbio, in provincia di Bergamo, fino al 21 maggio), è stato pensato e immaginato – come tutte le sue opere – attraverso il disegno: «Prendo appunti mentali attraverso le immagini da riversare in seguito mediante matita, china, acquerello, pastelli, o qualunque cosa in grado di lasciare un segno. Lo faccio come atto di comprensione, di progettazione, finanche di riscatto, ripescando le tracce, ordinandole e modellandole sotto forma di immagini».
«Quei trenta uccelli lessero fiduciosi le righe di quella pergamena e subito si avvidero che vi era minuziosamente descritta ogni fase della loro esistenza. Conobbero verità assai dure ma inconfutabili». Dall’incontro con il poema di Farīd ad-dīn ʻAṭṭār, “Il verbo degli uccelli”, Tibaldi ha concepito la possibilità di risolvere la mancanza dell’essere umano nelle sue raffigurazioni sostituendolo con le figure degli uccelli cui attribuisce attitudini e atteggiamenti che appartengono a una più generale riflessione sulla società. Duecento disegni per duecento giorni: ogni mattina Eugenio Tibaldi ha dipinto, anziché scriverlo, un pensiero, dalle dinamiche umane, alla nostalgia personale, spaziando attraverso comportamenti più o meno umani.
L’idea che sottende ATOPOS è il tentativo di provare a innestare questi pensieri all’interno della comunità attraverso le immagini che sono appartenute a essa. Tibaldi ha scritto una lettera ai cittadini bergamaschi invitando loro a donargli un quadro, una stampa, una fotografia, che è stata appesa nelle loro case e che, per una ragione o per un’altra, ha esaurito il proprio potere comunicativo. Queste immagini, viste, vissute, e poi nascoste, assurgono nell’installazione a nuova vita: ovvero la dimora dei pensieri messi a sistema nelle sembianze dei disegni degli uccelli. Questo innesto nasce nel passaggio dal singolo al collettivo, dal disegno come atto quotidiano all’installazione attraverso un’azione comune.
Immergendoci nell’installazione è difficile credere che i disegni esistessero prima e a priori dell’incontro con le immagini della comunità, tanto sembra naturale la loro presenza all’interno delle cornici. Invece Tibaldi prima ha fermato pensieri e sensazioni nella rappresentazione dei volatili e poi li ha innestati nelle scene e nelle storie provenienti dai ricordi dei bergamaschi ricercando una compenetrazione totale attraverso la mimesi. Ci troviamo dunque di fronte a uno stormo che in quanto soggetto mantiene la sua identità segnica ma nell’incontro con lo sfondo assume il carattere dell’altro, attivando di fatto un nuovo livello di relazione con la cultura e la comunità di riferimento. È sorprendente, è spiazzante, ma è anche assolutamente proprio di Eugenio Tibaldi che ha sempre vissuto una certa difficoltà nel dimensionare la sua pratica all’interno di un contesto come quello della provincia, cercando di conseguenza un altrove.
Questo altrove, che prima era geografico e poi si è caricato di individualità con il progetto Habitat01, esposto a The Drawing Hall come punto di partenza concettuale, oggi trova rappresentazione in una grande quadreria che riflette la comunità, le sue contraddizioni, i suoi vizi, le sue voglie.
Invertendo il metodo e facendo del disegno espressione formale del lavoro e non più strumento di studio, l’innesto di Tibaldi – che insiste sul territorio della comunità – gli ha permesso di calarsi nello spazio, di confrontarsi con gli abitanti entrando nelle loro case, nella loro intimità e ascoltando le loro storie, e di mimetizzarsi nella collettività, proprio come il suo stormo, con la consapevolezza che per osservare le dinamiche contemporanee non bisogna provare a cambiarle ma ci si deve sciogliere in esse.
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