Marcello Maloberti MARTELLATE, 2023 intervento site-specific, facciata di Palazzo Ruspoli Stampa su forex, 1 pannello cm 381 x 275; 18 pannelli cm 240 x 120 Ph. Daniele Molajoli Courtesy l’artista, Galleria Raffaella Cortese Milano e Albisola Superiore, Fondazione Memmo, Roma
Una varietas di forme espressive ruotanti intorno al tema del libro come materiale da costruzione dell’opera d’arte. Così si presenta la mostra La Biblioteca del Mondo, inaugurata alla Fondazione Memmo il 12 dicembre, a cura di Marcello Smarrelli. Il titolo, mutuato dal docufilm (2022) di Davide Ferrario – un focus sul rapporto tra Umberto Eco e i suoi 40mila libri – intende trasmettere al fruitore la volontà di restituire una rappresentazione di biblioteca come fonte inesauribile dell’immaginario collettivo. Un’operazione che sembra riuscita in maniera frazionata. Le opere esposte si dividono nettamente tra il concettuale-analitico e l’effimero-periferico.
Se in Equilibrio di Paolo Icaro (1936, Torino), il libro è perno centrale e veicolo di un messaggio politico e filosofico, le sculture site-specific di Francis Offman (1987, Butane), cinque volumi coperti da uno strato di caffe e sorretti da calibri, evocano questioni etniche e identitarie. E, a proposito di identità, riflette anche Nicolò Degiorgis (1985, Bolzano) con l’installazione Heimatkunde. Una casetta costruita con quaderni fitti di mappe geografiche, appunti, schemi. In Alto Adige, infatti, fino agli anni Novanta del ‘900, i piccoli venivano stimolati a costruire la propria individualità a partire dalla scoperta del territorio circostante.
Da ultimo Claire Fontaine, il celebre collettivo fondato a Parigi nel 2004, adopera il formato libro, defunzionalizzato, come rimando ad una pratica sociale in vigore negli anni ’70. Quando mattoni avvolti da un messaggio di protesta venivano scagliati contro vetrine e finestre. Nella serie Brickbat (2002-2023), una costellazione di mattoni posati a terra è rivestita da copertine di libri scritti da intellettuali che hanno segnato la storia della cultura a partire dagli anni ’60.
Effimera per quanto suggestiva, stratificata e visivamente poetica, l’installazione di Ekaterina Panikanova (1975, San Pietroburgo), fra rami d’albero, disegni a china e inchiostro e bicchieri di cristallo. Deboli o poco chiare le connessioni con il tema della mostra, per gli still di Yael Bartana (1970, Israele). Epidermica la trilogia di stampe di Kapwani Kiwanga (1978, Hamilton). Poco avvincente la video-installazione di Bruna Esposito (1960, Roma), se è vero che non basta una pila di libri dai titoli abilmente celati e un’interpretazione segnica dell’Infinito di Leopardi, per trasmettere un messaggio di qualche rilievo.
Aprono e chiudono l’iter espositivo gli interventi di urban art di Marcello Maloberti (1966, Codogno), tra le finestre di Palazzo Ruspoli al Corso e il cortile delle Scuderie. Appariscenti citazioni, in sfoggio estetico, tratte dal suo stesso libro MARTELLATE SCRITTI FIGHI (1990-2019).
La mostra sarà visitabile alla Fondazione Memmo di Roma fino al 21 aprile 2024.
La Società delle Api nomina Luca Lo Pinto come direttore artistico: la Fondazione creata da Silvia Fiorucci sposta a Roma…
Fino al 22 marzo 2026, la Fondazione Luigi Rovati celebra i Giochi Olimpici con una mostra che unisce storia, arte…
È morto Giovanni Campus: se ne va un protagonista rigoroso e appartato dell’arte italiana del secondo Novecento, tra gli innovatori…
La pollera, da indumento retaggio di subordinazione femminile nell'America Latina a simbolo di emancipazione internazionale: la storia del collettivo ImillaSkate,…
Talk, inaugurazioni, musei aperti, gallerie in rete, nuove mostre e il Premio WineWise per una gita fuori porta: gli appuntamenti…
A Milano, dal 5 dicembre 2025, apre Ambrosius, il nuovo percorso museale della Basilica, che intreccia patrimonio storico, ricerca scientifica…