Caterina Morigi, Lettere Efesie (Trittico I), 2025, intarsio e incisione, graniglia, cm 126x100x3
Fino al 29 marzo, la Galleria Studio G7 di Bologna ospita la personale di Caterina Morigi (Ravenna, 1991), in collaborazione con Aganippe Pavimenti e accompagnata da un testo critico di Giuliana Benassi. Il titolo della mostra, Lettere Efesie, rimanda agli Efesii, antiche formule magiche incise su amuleti protettivi dell’antica Grecia. Questo intreccio tra simbolismo e ritualità guida la ricerca dell’artista, la quale rilegge la figura femminile attraverso una stratificazione di riferimenti che spaziano dal sacro al profano.
In esposizione quattro opere: tre a parete in graniglia e una posizionata a terra, costituita da circa 120 mattonelle. Morigi predilige da sempre materiali legati all’architettura e al design, ovvero quelli che solitamente si usano per i rivestimenti di pavimenti, tavoli e cucine. In questo caso specifico, l’artista sceglie la manipolazione della graniglia (getto di cemento misto a piccoli frammenti di marmo), in quanto ampiamente utilizzata nel Novecento e perciò assai comune, familiare per chiunque.
«La mia intenzione – spiega Morigi – è ricreare l’effetto dei pavimenti domestici o dei portici di Bologna». L’artista, grazie a delle macchine industriali, taglia le lastre di graniglia, poi le incolla e le incide, dando vita a dei veri e propri collages scultorei che fondono il naturale (pietra) con l’artificiale (il cemento).
Morigi assembla i frammenti secondo forme e simboli che rimandano all’iconografia femminile nella storia dell’arte, senza seguire un ordine cronologico, ma semplicemente attingendo al suo immaginario. Ha chiuso gli occhi e ha “sognato” la dea Nut, la Madonna Lactans, la dea Baubo, la Pala di Brera di Piero della Francesca, la Madonna dal collo lungo del Parmigianino, fino ad arrivare a soggetti più moderni come le nature morte di Tamara de Lempicka e la Marylin di Andy Wharol.
Così facendo, Morigi mette in atto un processo di rielaborazione capace di trasformare le proprie suggestioni in una rinnovata narrazione, sia per restituire al visitatore uno sguardo che attraversa secoli di storia, sia per evidenziarne i continui cambiamenti.
In conclusione, la pratica di Morigi si muove su un terreno fertile di contrasti e rimandi: la sua indagine si nutre della tensione tra il micro e il macro, tra la materia e la sua evocazione, tra le forme del passato e la loro rifrazione contemporanea. Lettere Efesie punta a ripensare la materia come organismo vivo in cui il passato non viene rilegato a semplice citazione, ma si trasforma in elemento attivo di riflessione, capace anche di generare nuove mitologie visive.
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