LITTLE WARSAW, The Body of Nefertiti, 2003 photo Lenke Szilagyi © Little Warsaw Courtesy of the artist and Erna Hecey Gallery
Una fotografia non è mai un’immagine oggettiva: vi è sempre impresso, tanto quanto il soggetto, anche il punto di vista di chi sta dietro all’obiettivo. Ogni scatto è un frammento rubato dalla realtà: evocativo, certo, ma mai completo. Ci propone sempre una certa visione del mondo e, al tempo stesso, si aggiunge alle tante immagini da cui quel mondo viene costruiti.
Curata da Lorenzo Lazzari, l’esposizione Come costruisci le immagini dell’altro? esplora questo tema attraverso cinque opere video di altrettanti artisti internazionali: Invernomuto, Gelare Khoshgozaran, Little Warsaw, Stefan Kruse, Eleonora Roaro. A questi si somma una proiezione di Caterina Erica Shanta, presentata al Cinema Visionario di Udine.
Insieme, i lavori esposti esplorano diverse modalità attraverso le quali la cultura occidentale ha costruito l’immagine dell’alterità, con l’obiettivo di giustificare il proprio dominio coloniale e lo sfruttamento sistematico delle popolazioni oppresse. Queste istanze non si limitano a concretizzarsi nelle immagini di propaganda ufficiali, ma anche nel cinema, nella storia dell’arte, nelle discussioni relative alla salute mentale e al progresso tecnologico.
Come ben esemplificato in mostra, queste tendenze non sono però relegate al passato, ma si riscontrano ancora nelle immagini con cui entriamo in contatto ogni giorno. Lo dimostra l’opera The Migrating Image (2018) di Stefan Kruse: un’attenta analisi delle narrazioni visuali prodotte nel contesto della cosiddetta “crisi migratoria”, che dal 2015 ha investito l’Europa. Kruse si concentra in particolare su chi ha prodotto le immagini che giornalmente vediamo e che sono la nostra principale fonte di informazioni su questo fenomeno: chi le ha prodotte e perché? Come impattano la nostra percezione di ciò che sta accadendo?
The Retreat (2023) di Gelare Khoshgozaran costituisce quasi una continuazione ideale di questa ricerca, offrendo un’intima riflessione sulla relazione tra migrazione, esilio e salute mentale.
Le alre proiezioni in mostra offrono invece una prospettiva più storica, come nel caso di MALÙ – Lo Stereotipo della Venere Nera in Italia di Invernomuto: un lavoro del 2015 che analizza la costruzione dell’immagine della donna nera nella società italiana. Il film si sofferma in particolare su come, nel corso della storia coloniale del paese, soddisfazione del desiderio maschile e vittoria militare venissero presentate come due facce della stessa medaglia.
Si concentra sul colonialismo italiano anche Eleonora Roaro, che in mostra presenta il video FIAT 633NM, del 2021: una sequenza di cinquantadue fotografie appartenute al bisnonno dell’artista e realizzate tra 1937 e 1938, nell’attuale Etiopia. Ad accompagnare le immagini, una registrazione dell’Istituto Luce ci permette di ascoltare dei soldati eritrei che omaggiano Mussolini.
Questo canto improvvisato ci accompagna anche nella visione di The Body of Nefertiti (2003), di LITTLE WARSAW, un film che documenta il riposizionamento del busto di Nefertiti su una scultura realizzata dal duo di artisti: un corpo, questo, non idealizzato, ma immaginato su basi realistiche, in contrapposizione all’estrema idealizzazione della regina egizia da parte della cultura occidentale.
Come costruisci le immagini dell’altro? invita dunque a interrogarsi sul ruolo che la rappresentazione visiva ha avuto e continua ad avere nella costruzione dell’alterità. Attraverso una selezione di opere che spaziano dalla memoria storica all’analisi dei media contemporanei, la mostra evidenzia come ogni immagine non sia mai neutra, ma carica di significati, intenzioni e conseguenze. Guardare queste opere significa quindi non solo riflettere sul passato, ma anche riconoscere le strutture di potere che ancora oggi definiscono il nostro sguardo.
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