Il vocio del Rione Sanità, tra gli scorci partenopei che ancora conservano le caratteristiche della tradizione, sfuma lentamente fino a esaurirsi del tutto entrando nello storico Palazzo cinquecentesco Peschici Maresca, di proprietà dell’Arciconfraternita dei Pellegrini, dove sorgono alcuni resti dell’Acquedotto Augusteo, un’opera di ingegneria idraulica tra le più importanti dell’epoca romana. Tra i suoi spazi è stata inaugurata a inizio mese Tessuti Umani, mostra personale dell’artista napoletana Rosaria Corcione a cura di Valentina Rippa, il cui testo critico ne illustra la ricerca e gli intenti, anticipando un approccio metodologico quasi didattico dedito alla costruzione di nuove fisicità tramite fibre sintetiche e naturali.
Non è un caso che il contesto espositivo sia questo sito archeologico: interrogandosi sulla crisi climatica e sulle sue conseguenze, l’artista crea, tra gli altri, un grande arazzo di fibre vegetali il cui intreccio rievoca la pelle umana. La trama assume inevitabilmente la forma di una membrana organica, mentre una gabbia toracica rimanda al confine tra la vita e la dissoluzione. «È un corpo che richiama al tempo stesso forza e precarietà, presenza e inconsistenza».
L’installazione centrale dell’intero apparato espositivo è sicuramente Inside, uno schermo in cui vengono riprodotte a loop brevi immagini video relative alla crisi climatica globale e alle sue conseguenze sulla natura e sull’essere umano. Il dispositivo, posizionato sul pavimento quasi a ricordare una vasca, oltre che un tappeto, riproduce soprattutto l’evoluzione della realtà marina, acque avvelenate e che avvelenano. La struttura è idealmente incorniciata da alcuni degli intrecci di fibre in plastica rossa lavorata dall’artista in modo da conferire una maggiore fisicità a ciascuna pendenza, mentre attraverso l’utilizzo di cuffie si può ascoltare un monologo che ripercorre e accompagna le immagini sullo schermo calpestabile, abbattendo in questo modo la sacralità tipica dell’arte, in perfetta continuità col luogo in cui si inserisce.
Ogni spazio utile dell’Acquedotto Augusteo infatti ospita un’installazione sospesa che non ne intacca gli equilibri ma che anzi, proprio in rispondenza alla necessità del tema della mostra, stabilisce un dialogo momentaneo ed efficace, eloquente. Il contesto, già vivido, è reso ulteriormente pregnante dalla presenza delle composizioni elettroacustiche del Sound Designer Marco Vidino, che accompagnano il percorso creando un vero e proprio paesaggio sonoro immersivo in cui si rincorrono modulazioni e frequenze attraverso la rielaborazione dei suoni dell’acqua.
Tessuti Umani suggerisce di interrogare la memoria fisica di ognuno di noi partendo dall’intimità del corpo, in parte riprodotto, fino agli elementi a noi apparentemente più lontani ed estranei. Il risultato è un percorso silenzioso che mette al centro la volontà di entrare in contatto con l’essere umano e i suoi gesti quotidiani, in uno spazio di riflessione che può fare la differenza.
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