Gaëlle Choisne, Temple of Love. Cœur 2025, Scuola Piccola Zattere, installation view, ph Luca Meneghel
La pratica di Gaëlle Choisne (Cherbourg, 1985) si muove tra corpo e spiritualità, tra fondi di caffé, perline, mozziconi di sigarette, conchiglie e collane. Sono oggetti —e concetti— diversi: frammenti che si uniscono per costituire installazioni cangianti negli spazi di Scuola Piccola Zattere, a Venezia, dove l’artista ha svolto una residenza nell’ambito del programma di ricerca One Year Score promosso dall’istituzione.
L’esposizione che ne risulta —un mescolio di culture creole e materiali poveri— è stata curata da Irene Calderoni ed Eva Vaslamatzi e rientra in un progetto espositivo iniziato dalla francese nel 2018. Temple of Love, di cui Cœur costituisce il capitolo più recente è una riflessione sull’amore iniziata dalla del celebre testo di Roland Barthes Frammenti di un discorso amoroso (1977). Si tratta perciò di una narrazione progressiva, sviluppata come costellazione: ogni mostra, ogni intervento introduce una variazione sul tema dell’amore e non l’amore come emozione privata, ma come linguaggio. E, quindi, come campo di potere.
In questo contesto, il discorso d’amore elaborato da Choisne non può che farsi politico. I suoi materiali—discreti, poveri, quotidiani— rievocano genealogie sommerse, memorie diasporiche, e un sentimento d’appartenenza che si oppone alla logica estrattiva dell’Occidente moderno. La casa, il corpo, l’identità emergono come figure mobili, non fissate da categorie etniche o geografiche, ma attraversate da correnti affettive e storiche.
Proprio i concetti di casa e appartenenza si fanno evidenti grazie al contribuito dell’altra grande protagonista della mostra: Haiti, terra natale della madre dell’artista, a cui si sente legata da un rapporto a doppio filo. Haiti non è qui solo un’illusione, una presenza simbolica, ma si infiltra negli spazi del palazzo veneziano concretamente, attraverso le opere di diciotto artisti haitiani. In questi lavori, scene di vita quotidiana si fondono con riti e simboli della religione voodoo: immaginari collettivi oltre che spirituali.
Intrecciando un dialogo con le installazioni di Choisne, queste creazioni ci parlano di un misticismo che si ritrova anche nella struttura stessa del percorso espositivo, diviso in sette sezioni corrispondenti ai sette chakra e, quindi, a sette soglie percettive.
Così la valigia decorata con fiori secchi, spilli, cristallo e corna di cervo che compone l’installazione Astral Lagage rimanda al chakra del terzo occhio, connesso ad una visione superiore.
Soul Houses. Tribute to Peace è invece un ampio forno per ceramica associato al chakra del plesso solare, collocato tra ombelico e sterno e simbolo di forza personale. Come uno stomaco che digerisce e trasforma, il forno di Gaëlle è stata al centro di un laboratorio condotto dall’artista in cui i partecipanti sono stati invitati a creare case votivi per gli spiriti dei propri cari.
«In particolare la mia etnia mista tra Francia e Haiti, la mia formazione, le mie ferite, i miei interrogativi, traspaiono dalla mia pratica; tuttavia, spero che si aprano ad una storia collettiva e inclusiva: attraverso la mia storia soggettiva vedo un pezzo di Storia con la S maiuscola. Mi piace pensare alla mia pratica come a un’estensione della vita quotidiana, dei modi di fare e di essere nel mondo» ha spiegato l’artista in una recente intervista. Il personale, dunque, non si oppone al politico, ma lo attraversa e complementa. E proprio questo traspare nel bozzolo in filo d’ottone che rimanda a simboli religiosi della cultura caraibica, nel tabacco e nel caffé, nelle monete e nei dipinti che costellano gli spazi di Scuola Piccola Zattere.
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