Alberto Giacometti, Sculpter le vide. Installation view, Museo Cantini, Marsiglia. Ph. Gregoire Edouard
Organizzata in collaborazione con la Fondazione Giacometti di Parigi, Giacometti. Sculpter le vide, ripercorre le tappe della maniera di Alberto Giacometti dalle opere giovanili, all’incontro con i surrealisti fino al proficuo scambio con gli esistenzialisti e al raggiungimento delle figure sottili e solitarie che identificano l’artista nell’immaginario collettivo.
Nella suggestiva cornice del Museo che ospita al primo e secondo piano una collezione permanente di opere contemporanee con lavori notevoli di Picasso, Masson, Artaud, Ernst e altri artisti del cubismo, del surrealismo e di epoca contemporanea, la monografica su Giacometti, sita al piano terra, è caratterizzata da un elegante allestimento che consente di godere a pieno della limpida e sincera maniera del Maestro.
Fin dalla prima sezione è possibile osservare alcune opere degli anni Venti fortemente influenzate dalle forme efficaci ed essenziali delle civiltà preistoriche e dalle istanze cubiste, come osservabile in La Coppia (1927, gesso e tracce di matita), in cui pochi dettagli individuano gli organi sessuali e alcuni altri attributi dei soggetti sul lato frontale e sul retro i volti sono ridotti, con un’esasperata e toccante sintesi, alla linea verticale del naso per l’uomo e alla linea orizzontale della bocca per la donna. Nella sezione successiva, incontriamo lavori degli anni Trenta tra cui attrae e colpisce la Donna che cammina (1931-1936, gesso) che risente dell’arte egizia con indubbi richiami all’arte arcaica greca dei kouroi e delle korai e che scaturisce dalle esplorazioni di Giacometti in ambito del surrealismo e del subconscio.
Suggestiva per i suoi richiami alla sessualità e per la capacità di comunicare il proprio complesso significato in modo subliminale anche successivamente alla visita è l’opera Boule suspendue (1930, gesso, metallo dipinto, corda) che esprime a pieno l’idea stilistica del Giacometti di quegli anni, quella cioè fortemente legata al milieu surrealista inducendolo a descriversi come intento a cercare di afferrare nel vuoto, cercandolo a tentoni, il filo invisibile che collega al meraviglioso. L’intensità della scultura è aumentata dalla gabbia che ha intorno e che sarà un elemento tipico di alcune delle opere di Giacometti degli anni successivi. Ancora, negli anni Trenta, l’artista si concentra in questo momento della sua vita sulle valenze simboliche del sogno e dell’inconscio, come osservabile in L’Objet invisible (1934-1935, gesso) che rappresenta una figura femminile con gli occhi dissimili tra di loro, ripresa nell’atto di sedere o stare in ginocchio, intenta a tenere qualcosa di invisibile tra le mani e, non a caso, infatti è stata anche chiamata Mani che tengono il vuoto. La figura, dal volto quasi alieno, si caratterizza per il tentativo di trattenere un oggetto non visibile tra le dita lunghe e sottili che proiettano quasi inevitabilmente la propria ombra sul torace nudo, aumentando la drammaticità del gesto.
Nella terza sala sono collocate le opere più recenti dell’artista, dal 1935 fino al 1966, anno della morte. In effetti, dopo un periodo in cui Giacometti predilige la scultura di teste, è nel periodo bellico e post-bellico che il Maestro ritorna alla figura intera, concepita quasi come uno strumento per esplorare la realtà circostante e percepire la distanza umana e l’estraniamento che nel periodo della Seconda guerra mondiale si è costretti a tenere, volenti o nolenti. Le figure sottili, longilinee, di grande forza evocativa per la loro capacità di occupare lo spazio e insieme dialogare con esso, permettono di apprezzare l’importanza del vuoto intorno e inducono in chi osserva un senso di solitudine, di salda fragilità e di solida delicatezza. In questo senso, la Toute petite figurine (1937-1939, gesso) è emblematica e la base che la sostiene delimita il il perimetro entro cui si muove, un po’ come la gabbia in altre opere, accrescendo l’isolamento in cui è relegata.
Nel decennio 1950-1960, le figure femminili immobili e solitarie o figure maschili esili e intente a camminare saranno soggetti ricorrenti sia nelle sculture sia nei disegni, trovando numerose varianti sempre volte a saggiare la significativa imponenza del vuoto e del corpo umano solo, perso in esso.
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