Categorie: Mostre

Guido Strazza, Strazza/CENTO – Palazzo della Calcografia di Roma

di - 9 Febbraio 2023

«Questa mostra è nata dall’idea della nostra direttrice Maura Picciau di rendere omaggio a Guido Strazza per suoi cento anni, stampando, in venti esemplari, una cartella di 6 incisioni selezionate dalle 15 lastre che l’artista ha donato all’Istituto assieme a circa 1200 fogli», raccontano a exibart Luisa De Marinis e Ilaria Fiumi Sermattei, curatrici di Strazza/CENTO da Calcografia assieme a Giorgio Marini. «Presente anche una poesia di Rafael Alberti con cui il maestro ebbe una lunga frequentazione».

Guido Strazza, Segni di Roma – Colonne, 1988. Puntasecca, acquaforte e acquatinta

Guido Strazza (Santa Fiora, 1922) è uno dei massimi incisori del Novecento Italiano. Decisivo, nel suo percorso, l’incontro con il futurista Marinetti che lo distolse dalla professione di ingegnere e lo condusse nelle avventurose vicende dell’arte. «Per me il futurismo era soprattutto l’idea dinamica di un segno, di qualche cosa che si fa mentre si sta facendo, per così dire, non di già fatto…un’idea dinamica che era centrale nel futurismo…il segno-linea-forza di Boccioni. I segni non sono fatti, ma istanti di un farsi: è un’idea futurista. E questo è rimasto molto fortemente in me»: riporto un frammento di una lunga conversazione che ebbi con lui  nello studio di Trastevere, cinque anni fa.

Guido Strazza, Gesto e segno, 1980, acquaforte su due lastre

Oltre alle sei stampe della cartella disposte nella prima sala, altre sessanta incisioni offrono, nelle due sale adiacenti, una silloge esaustiva di una lunga e minuziosa ricerca segnica che, prendendo spesso le mosse da immagini desunte dalla realtà sensibile  – come, ad esempio, le antiche colonne romane, i mosaici cosmateschi o le stampe di Piranesi – mira a catturare, metaforicamente, l’istante germinativo della forma, l’attimo ineffabile della creazione. Quel graffio di bulino che aggredisce la lastra direttamente, cioè senza il tramite del disegno, che sembra voler vivificare, in nuce, la memoria ancestrale di antichi riti cosmogonici, scrutando, con occhio privo di hybris, l’apparire ideativo del mondo.

Guido Strazza, Gesto e segno, 1980, acquaforte su due lastre

Nel 1964 Strazza si trasferisce a Roma dove il direttore Maurizio Calvesi gli apre le porte della Calcografia mettendogli a disposizione i laboratori dell’Istituto per le sue sperimentazioni; mentre, nel ’74, il nuovo direttore Carlo Bertelli lo invita a condurre un gruppo di ricerca segnica, che ha poi portato all’elaborazione di un metodo didattico innovativo, i cui risultati verranno raccolti nel libro Il gesto e il segno, un testo utilizzato ancora oggi in molte accademie. Indugiamo, in questa sede, su un altro aspetto del suo insegnamento, un aspetto che ci ha sempre colpito: l’importanza che viene data alla corretta postura del corpo. Decontrarre il più possibile i muscoli delle braccia e delle mani, liberando, nel contempo, la mente dai preconcetti e dal chiacchiericcio mentale in modo che il gesto sia il più possibile coerente con il pensiero e che vi sia una partecipazione totale del corpo al segno che si sta tracciando. Ricordo di aver osservato come questa pratica somigliasse molto all’attitudine propria della preghiera. «È molto azzardato usare questa parola, ma c’entra molto», è stata la risposta di Guido Strazza.

Strazza/CENTO
a cura di Luisa De Marinis, Ilaria Fiumi Sermattei, Giorgio Marini
Fino al 26 febbraio 2023
Calcografia
Istituto centrale per la grafica
Via della Stamperia 6, Roma
www.grafica.beniculturali.it

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