Mark Francis, Sequential Acces, 2024, oil on aluminium, 66 x 53 cm
Nel 1997, in occasione della mostra Sensation, esposta alla Royal Academy of Arts, l’opera di Mark Francis (1962, Newtownards) veniva descritta come «Piena di contraddizioni», «Fredda e cinetica», «Casuale e ordinata», «Astratta e figurativa». Aggettivazioni che se da un lato incorporavano lo spirito di un’appena nata generazione di Young British Artists, allo stesso tempo notavano, in un radicale antecedente, la novità pittorica dell’artista nordirlandese. Una peculiarità tutta sua che ritorna oggi in forma diversa, a distanza di ventotto anni, nella mostra Soundscapes, terza personale che la Galleria Luca Tommasi di Milano gli dedica. L’esposizione ha infatti un vantaggio dalla sua parte, ovvero quello del saper cogliere la variazione in una strada unitaria. Tanto che i termini indicati nel nome del titolo eludono il salto temporale e pongono l’attività di Francis, passata e odierna, in perfetta continuità.
Caro gli è sin dall’inizio l’impeto di un rapporto che lo conduce a un reiterato confronto con la scienza. Prima, mediante visioni microscopiche della fisiologia umana, con cui arrivava ad armonizzare sulla tela la struttura del sangue, batteri e movimenti spermatici. Ora, invece, nell’insieme di un corpus di dipinti che recuperano il gusto minimalista di una stesura del colore formalmente astratta e apparentemente innocua. E scrive bene Andrew Cross, poiché quanto è in gioco è qualcosa di «Notevolmente ottico e percettivo». A ciò che era infinitamente piccolo, o quelle parti dell’universo corporeo che all’occhio sfuggono, si sostituisce nel complesso una nuova sperimentazione fatta di «Bande verticali in blocchi di colore che cambiano rapidamente».
Raffigurazioni ripetute e strane, se così si può dire, che riescono, tuttavia, a incontrare l’evoluzione di un movimento non di certo interiore. Sfruttando, invece, le potenzialità di una visione pittorica non più letta in profondità, ma seguendo la virtualità della superficie (Sound break; Sequential Acces; Sound Synthesis, 2024).
La proposta era dunque chiara sin dagli albori della sua carriera, poiché al cosa della rappresentazione doveva accostarsi, per via di necessità, il come della pittura. La scienza rimane, e rimane anche la contraddizione. La manifestazione complementare di un rapporto a dir poco classico tra astratto e figurativo (Sound break, 2024). La complessità del quadro, pertanto, trova unità nel ruolo del colore adesso inteso come «Interferenza dell’immagine e non come stasi». Un’immagine che se mai scompare del tutto nell’opera di Mark Francis, ripone, nel nostro caso, la sua attenzione fondamentale nell’esposizione di una dinamica.
«Sistematica» e «Fluida», «Non figurativa» e «Illusionistica», la descrive Cross. Nel particolare di un metodo di conoscenza che è capace di incontrare, pur nel limite dell’opera, l’accordo convincente tra un paesaggio visivo e un paesaggio sonoro. In una parola, soundscape.
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