La mostra “The Cleaner” sarà inaugurata il 21 settembre al Museum of Contemporary Art di Belgrado, città natale di Marina Abramović. Dopo le tappe del Louisiana Museum of Modern Art, della Bundeskunsthalle di Bonn, di Palazzo Strozzi a Firenze e del CoCA di Torun, in Polonia, l’esposizione arriva infine in Serbia, dove l’artista ha vissuto per 29 anni.
Per introdurci alla sua mostra di Belgrado, Marina Abramović ha pubblicato lo scorso agosto, sul settimanale serbo Nedeljnik, una lettera indirizzata ai suoi connazionali. «Senza il pubblico la mia arte non esiste. Vi invito a farla insieme. Condividete con me la vostra energia», così conclude la lunga epistola, dopo il racconto degli anni trascorsi a Belgrado tra giovinezza, il suo approccio all’arte e l’approdo alla performance.
“The Cleaner” è la prima grande retrospettiva europea dell’artista, un tour cominciato nel 2017 e che si concluderà il 20 gennaio 2020, proprio nella città dove l’artista ha esposto, in maniera indipendente, per l’ultima volta nel 1975. Oltre 120 opere, tra dipinti, disegni, fotografie, opere sonore, opere video, oggetti di archivio. Un percorso che parte dai primi anni di pittura (1960-69), passando per le opere concettuali (1970-72), le performance soliste (1973-75), la collaborazione con il compagno di vita Ulay (1976-88), fino alla sua carriera da solista (dal 1991). La mostra segue cronologicamente tutte le fasi della cinquantennale carriera dell’artista, includendo una selezione di reenactment di alcune delle opere di arte performativa più iconiche, come Rhythms (1973-74) e Balkan Baroque (1997).
Nell’ambito della mostra, l’artista terrà una lezione pubblica e una master class per giovani artisti, perché è soprattutto ai giovani che Marina Abramović si rivolge nel presentare il lavoro svolto in tutti questi anni: «Attraverso il mio lavoro voglio che sentano quanto sia importante correre dei rischi e quanto sia importante fare grandi sogni, qualunque cosa accada».
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