Serena Fineschi, Loredana Longo, Breake, veduta della mostra, ph. Filip De Smet, courtesy of MONTORO12 gallery
Pittura, disegno, fotografia, scultura, video e performance, linguaggi in dialogo per rielaborare una rottura, rigenerarla attraverso i processi dellāarte contemporanea. Sono alcune delle assonanze che riverberano negli gli spazi della sede di Montoro12 Gallery a Bruxelles, tra le opere di Serena Fineschi e Loredana Longo. Lāoccasione ĆØ āBreakā, mostra a cura di Marina Dacci che intreccia le ricerche delle due artiste in un percorso sfaccettato, eterogeneo ma anche coeso, tra materiali, forme, concetti, parole, corpi. Unāoccasione anche per far conoscere il lavoro di due artiste italiane a Bruxelles. A inizio settembre, infatti, lāAmbasciata Italiana ha ospitato una presentazione della mostra, durante la quale Fineschi e Longo hanno avuto modo di introdurre il pubblico al loro lavoro. Sempre allāAmbasciata sono state installate due opere e, successivamente, le artiste hanno organizzato anche una cena performativa, andata in scena da Montoro12 e incentrata sul rapporto tra arte e potere.
Ā«Nelle opere di Fineschi le tensioni si trasformano in spinte propulsive verso il futuro a volte di sapore sentimentale a volte lucidamente ironiche, in quelle di Loredana Longo lāesplosione/implosione delle relazioni e dei materiali diviene gesto liberatorio che da vita a nuovi iniziĀ», spiega Dacci, che a Bruxelles, nel 2021, presso La Centrale for Contemporary Art, aveva curato, insieme a Carine Fol, unāaltra mostra, āLa vita Materialeā, a cui parteciparono anche le stesse Longo e Fineschi. Ā«Entrambe le ricerche ci portano dentro al ālato oscuroā elaborato, purificato e rimesso in gioco nella costruzione dellāopera. Dolore, vergogna, rabbia e paura sono amplificatori di sensazioni; il dolore aiuta a fermarsi, a prendere coscienza. Fermarsi per ascoltare, per ascoltarsi, per ridefinire le regole del gioco. Partogenesi coraggioseĀ».
In esposizione da Montoro12, opere come Spiriti, Ingannare lāattesa, Primavera dellāimpazienza e Forme di impazienza, Creative execution, Crashing the box, mettono in evidenza la relazione tra il pensiero, lāatto, lāesecuzione, lasciando emergere quelle āqualitĆ ā nascoste, tanto intime quanto di superficie, della materia, come lo scontro o la cedevolezza, il decadimento o la rottura. Ā«Le opereĀ esposteĀ hanno al loro interno una agentivitĆ , una presa speciale su chiĀ guarda. Le opereĀ sono osservateĀ e, a loroĀ volta, osservano, siĀ porgono e interrogano. Agiscono, slittandoĀ versoĀ lo spettatore, testimoniando percorsi individuali che diventano cosƬ patrimonio condivisoĀ diĀ sentimentiĀ e riflessioniĀ anche socialiĀ», continua Dacci.
Dalla materia si forma dunque, al negativo o al positivo, anche il corpo, Ā«La pelleĀ diviene letteralmente memoria dellāazione. Accompagna, il gesto che imprime,Ā distrugge,Ā decostruisce e riassembla i materialiĀ verso la loro apparizione come opere finali, (Armour; All my skin; A few pound of meat)Ā».
Ā«Le opere di Fineschi e Longo tendono a mettere a fuoco il potere di cambiamento attraverso una profonda analisi del sĆ© in cui laĀ forza del dissensoĀ e del conflitto si trasformano in strumenti liberatori consapevoli che riconsiderano memorieĀ ed esperienze da differenti prospettiveĀ», conclude la curatrice. Ā«La forza e il conflitto non sono violenza. Il conflitto ĆØ parte della vita e della relazione con gli altri. Nel conflitto cāĆØ simmetria tra le parti, un ritorno potenziale verso se stessi che implica una capacitĆ diĀ analisi sulle fragilitĆ e le paure. La violenza, diversamente, ĆØ un processo che tende a risolvere e ad annullare il conflitto eliminando lāaltro, āil nemicoāĀ».
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