Alessandro Roma, veduta della mostra, 2023, Courtesy artista e Car Gallery, ph Manuel Montesano
Alessandro Roma (Milano, 1977) ha vissuto a Londra e a Bruxelles, ma dopo due brevi soggiorni a Marrakesh non gli dispiacerebbe tornarci, almeno per una parte dell’anno, per «Respirare ancora quell’atmosfera magica, cruda ed essenziale» che influenza e pervade le sue opere. Nel 2018 una grande personale al MIC – Museo Internazionale di Faenza gli ha offerto la possibilità di frequentare la cittadina romagnola e nel 2021 ha deciso di trasferirsi lì definitivamente. «Da quel momento – ha affermato l’artista – ho avuto la sensazione che la provincia italiana potesse offrirmi spazi e tempi di lavoro adesso necessari».
Tutto ciò che ha assorbito a Faenza è esposto oggi in Il tutto per non traballare troppo, una mostra a lui dedicata, aperta fino al 4 novembre alla Car Gallery di Bologna. Un titolo curioso che lo stesso Roma descrive come «uno stato di continua incertezza, una sorta di auspicio a proseguire con determinazione, nonostante le difficoltà a cui il vivere contemporaneo spesso ci sottopone». «Mi è piaciuto che la personale alla Car Gallery richiamasse in qualche modo questo aspetto del quotidiano – prosegue a spiegare Roma – perché dà l’idea di come le mostre non siano gli atti conclusivi di una ricerca, ma soltanto una parte di un lavoro in continua evoluzione».
Varcando la soglia della galleria, si ha la sensazione di entrare in un ambiente domestico caratterizzato da una tipica atmosfera intima ed accogliente, evocata soprattutto dalla scultura a forma di lampada all’ingresso dello spazio. Infatti, The eyes of the moons è forse quella che più di tutte testimonia la coraggiosa attenzione che Roma ha sempre rivolto alla decorazione e all’artigianato, storicamente ritenute di minor rilievo rispetto alla pittura e alla scultura. Sin dai suoi esordi, l’artista ha nutrito una grande passione nei confronti dell’Art Nouveau e delle Arts&Crafts, movimenti artistici di riforma delle arti applicate che, soprattutto nel caso delle Arts&Crafts, ha potuto studiare e approfondire “sul campo” durante il lungo soggiorno in Gran Bretagna. In proposito, Roma afferma: «Nelle mie opere tento spesso di combinare la decorazione e l’artigianato con la pittura e la scultura, perché in fondo è sempre stato più o meno così. La pittura rinascimentale, per esempio, ha una relazione con la cornice entro la quale viene realizzata, e la cornice, di fatto, è decorazione».
La mostra consiste in quattro tele dipinte, altrettante sculture in ceramica smaltata ed un wall painting che dimostrano l’estrema disinvoltura con cui l’artista si muove da una tecnica all’altra. Le tele, simili a tendaggi sorretti da preziosi perni in ceramica, riportano disegni che si rivelano al visitatore soltanto in seguito ad un’osservazione attenta e a distanza. La mano dell’artista si muove in tutta spontaneità e libertà – senza quindi un intento preciso di raffigurazione – su un tessuto di cotone colorato e poi candeggiato. Pertanto, il processo creativo sembra scaturire e farsi guidare direttamente dall’inconscio, il quale, però, finisce per rivelare forme e segni che coincidono con un universo da sempre caro all’artista: la natura.
Infatti, quest’ultima può dirsi una delle tematiche più frequentemente indagate da Roma, da intendere sia in quanto tale, sia in rapporto all’uomo, sia in rapporto a sé stesso. L’artista afferma in tal senso: «Il paesaggio è una porzione che estrapoliamo dalla natura per mezzo dei nostri occhi, perché la natura potrebbe essere tutto, noi compresi. Tuttavia, l’obiettivo primario della mia ricerca è capire la mia percezione della natura, ora frammentata dai filtri del computer con cui oggi sono costretto a convivere, ora attraversata dalla mia esperienza. Pertanto, gli interrogativi a cui tento di rispondere tutti giorni con il mio lavoro sono: cosa rimane della natura? come posso ricostruirla?».
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