La sindrome dell’Arto Fantasma accomuna i lavori di Hannah Tilson (1995, UK), Danilo Stojanović (1986, Croazia) e Alyssa Klauer (1995, USA) che hanno partecipato tra il 2022 e il 2023 alla residenza a Palazzo Monti.
Quella sensazione inspiegabile di persistenza di un arto anche dopo la sua scomparsa, così nei lavori in mostra sembra di vedere ancora gli artisti all’opera, percepiamo gli strati, le pennellate, che hanno dato vita ai lavori. Delicate, quelle della Tilson, con i suoi acquerelli su carta, velate, quelle di Stojanović, che creano atmosfere fluide racchiuse in cornici che lui stesso crea, trasparenti per Klauer, ma allo stesso tempo capaci di presentare diversi piani visivi contemporaneamente, in piccoli formati.
Un titolo che viene scelto per l’omonimo dipinto di Klauer, uno dei primi che Edoardo Monti ha visto nello studio dell’artista durante la sua residenza del Palazzo. Opera che è anche punto di partenza per un dialogo, quello che accomuna i tre artisti, portato avanti da quella che è una ricerca comune, la creazione di mondi paralleli, usando effetti visivi, finiture delicate e dettagli che ricreano spazi psicologici intensi, coinvolgendo e riunendo immagini care alle memorie individuali. Volumi contenuti, quelli delle opere, che invitano lo spettatore ad avvicinarsi, un avvicinamento dovuto per dedicare ai dipinti l’attenzione che meritano, piccoli grandi lavori. Accumunati da molti elementi, Tilson, Stojanović e Klauer hanno però anche molte caratteristiche differenti, dando così vita ad un interessante dialogo in mostra.
Tilson lavora con una grande varietà di mezzi, pittura, incisione, disegno, partendo dai colori, che crea lei stessa, come un antico maestro di bottega e usa nei suoi autoritratti. L’artista ci fissa dalle sue tele, sempre lei ma sempre diversa, cambiano i suoi stati emotivi, orgoliosa, ma anche disinteressata, timida, ammiccante. Anche le sue radici sono particolarmente evidenti, nel suo abbigliamento tartan scozzese, dove corpo e sfondo si fondono insieme, mimetizzandosi, in spazi vibranti e frammentati.
Klauer, una pittrice che vive tra New Haven, Connecticut e Brooklyn, New York, presenta a Venezia i suoi autoritratti idealistici, meditando sul concetto di “Queer Time”, nato dall’esperienza autobiografica dell’artista. L’idea è quella che gli individui Queer, spesso vivano una seconda adolescenza nel momento in cui fanno coming out. L’esperienza è tradotta nei dipinti con un approccio unico, strati di vernice satura ma trasparente, combinati per creare una luminosità iridescente e spettrale, come fossero dei ricordi, quelli di un’infanzia non vissuta a pieno di cui vuole riappropriarsi. Opere oniriche, frammentate, propense alla trasformazione, che trasmettono a pieno lo stato psicologico di coloro che vivono questa rinascita spirituale e fisica.
Un invito ad andare oltre le prime emozioni. I dipinti di Stojanović, nato in Croazia ma veneziano d’adozione spaziano tra surrealismo e natura morta, tra estetica gotica e thriller fantascientifici. Dalla città lagunare riprende una tavolozza di colori acquatici, figure liquide, immagini che si immergono una nell’altra, in opere che appaiono tutte ambientate nello stesso momento, quello del crepuscolo, popolato da misteriose entità. Figure aliene e alienanti che appartengono ad un altro mondo, sovrannaturale, ma con qualcosa in comune con il nostro.
Un dialogo tra le opere tutto da scoprire, tra effetti ottici, mondi paralleli, dettagli fantasma e spazi psicologici intensi che coinvolgono e riuniscono le memorie del visitatore.
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