Glamour ma di impronta classica, un fashion dalla caratura pittorica, insomma, visioni che uniscono le atmosfere della moda e l’espressione dell’arte. Ed è da questa commistione che si innesca una sorta di loop, un effetto Larsen tra messa in scena, fotografia e pittura. L’autore di questo cortocircuito è Massimo Scognamiglio, fotografo e artista, le cui opere saranno in mostra dal 17 al 19 dicembre 2021, negli spazi di Casa 94 Gallery, in via Placido Zurla 94, a Roma. “Strappi e profezie” è il titolo della personale, che presenta una serie di lavori su carta del 2021 e su tela del 2008, trasformando le due sale espositive in un luogo evocativo e carico di suggestioni: i reparti di un immaginario ospedale psichiatrico, popolato da emarginati, clown, punk, uomini solitari e inascoltate Cassandre. Proprio i reparti psichiatrici sono stati luoghi frequentati da Massimo Scognamiglio per un precedente lavoro fotografico, che riemerge nell’installazione a Roma.
Scognamiglio lavora con pittura acrilica, matita e pastelli a olio, dipingendo su strappi di giornali di moda. Seleziona con cura primi piani di modelli e modelle, tagli frontali, semplici e puliti. Strappa dai giornali con noncuranza i fogli e li “ri-dipinge”, con un intento espressionista, distante dal pop, per scavare oltre la superficie esteriore dei suoi personaggi. Da questo stridore tra il patinato e l’inconscio, tra un passato preveggente – le tele che parlano di profezie – e gli strappi odierni carichi di furore, nasce l’energia vitale dei soggetti protagonisti della pittura e della fotografia di Scognamiglio.
Artista, fotografo e digital evangelist, Massimo Scognamiglio è riconosciuto come un pioniere del web in Italia. Dipinge, fotografa ed espone da metà degli anni ’90. Dal 2006 vive due anni in California, poi per un breve periodo si trasferisce a Parigi dove dipinge, fotografa, progetta performance, la sua più nota Rebirth, svoltasi nel 2016 a Place de la République. Oggi, vive e lavora a Roma, nel suo studio-abitazione-galleria, conosciuto come Le Petit Atelier.
Doloroso ma mai cupo, sempre ironico e con una luce speciale, Scognamiglio racconta la “forma umana”, in un figurativo influenzato da alcuni miti inarrivabili come David Lynch, Francis Bacon e Jenny Saville o David Hockney, il tutto rimescolato, digerito e interiorizzato in una forma essenziale e personale.
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