I due artisti, Roberto Alfano e Ottavio Lorenzi in occasione della mostra da The Address Gallery, si incontrano in quel territorio di confine che li accomuna sia nell’origine espressiva dai graffiti urbani, che nell’essere millennials, sebbene di due generazioni diverse. Qui dialogano guardando quei segnali che intravvedono oltre il limite, nel campo opposto a quello da cui provengono, sia territoriale che generazionale, con opere disposte come per “cori battenti”.
Sono veri segnali, quindi informativi – cartelli, boe, bandiere, pubblicità – che nello sguardo guidato dai media diventano simboli, quindi evocativi, di miti e stili di vita diversi da quelli da cui si vedono.
Alfano, quarantenne radicato nella campagna di Lodi che lavora a Milano, più maturo di dieci significativi (per quel periodo) anni, usa un linguaggio di sintesi grafica e pittorica vicino al graffito e cerca forme che per immediatezza e poesia attingano al disegno infantile. Le opere sono più introspettive, malinconiche, sarcastiche ma anche delicatamente pittoriche. Dalla campagna prende cristalli di vecchi trattori (come rottami trovati sul confine) con le vetrofanie degli anni ’70, pubblicità di località turistiche che sono simboli di vacanze contrapposte al duro lavoro agricolo, e li irride con grafie-spray infantili; oppure, in due grandi tele dipinte, disegna simboli aggressivi come li vedrebbe un bambino: carri armati che, con sarcasmo, fa passare dalla tracotanza bellica alla lirica fragilità dei cingoli che si bloccheranno riempiti di fiori colorati e stelle al posto di ruote, mentre l’arma richiama i graffiti fallici dei muri abbandonati (“mettete dei fiori nei vostri cannoni”?, “fate l’amore non fate la guerra”?).
Il più giovane e assertivo Oliviero Fiorenzi, di cultura e vita metropolitana, propone al piano superiore tappeti e tele disegnate a partire dal graffito, che diventano sature di colore come nei poster old-style dei pub. Sono segnali che nella movida evocano una condizione “altra” vissuta “oltre” il confine urbano (il territorio, la provincia agricola): i soggetti – una coppia in balera, uno stray-cat, un cane ammiccante, gli stivali da cowboy nostrano – richiamano ironicamente piacere e svago, lontani dall’introspezione in uno status più spontaneo e naturale rispetto alla città, meno cosciente ma più apparentemente istintivo e libero, molto rock.
Al piano interrato una bella installazione incrocia i due sguardi opposti in un dialogo tra la raffinata introspezione di Alfano – che propone segni che da infantili (un “fragile” carrarmato su tela che esplode di colori) diventano quasi primitivi (un cane-minotauro al guinzaglio di un “omino”) – e la serenità scanzonata di Fiorenzi, che crea “boe marine” che galleggiavano nell’acqua in una precedente installazione (il territorio naturale era lo specchio acquatico). Ora, appese al soffitto, fluttuano nell’aria della sala mosse dai visitatori e, da vicino, mostrano una serie di segnali fisici – bandierine – dove sono disegnati schemi di lotta e altri simboli di vita in palestra e di vigore spontaneo (macho?) che rifugge la paranoia urbana, cercando la naturalezza istintuale.
La “marca di confine”: Fiorenzi ci “sta” dentro (meglio), Alfano scava nel profondo, il dialogo è complice, la mostra godibile e di sicuro interesse.
Marco Ticozzi
Dal 13 febbraio al 05 aprile 2020
Roberto Alfano e Oliviero Fiorenzi “S/S/P” | The Address Gallery
Via Trieste 39/a, Brescia
Info: www.theaddressgallery.com
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