Cosa succede quando diverse personalità devono misurarsi all’interno di un unico spazio? Fino al 14 gennaio 2023, la galleria LABS Contemporary Art di Bologna ospita “Fino a tardi”, mostra del collettivo SenzaBagno a cura di Saverio Verini. Per la prima volta, l’esposizione raccoglie nello stesso ambiente i lavori di tutti i componenti del collettivo – Francesco Alberico, Simone Camerlengo, Lucia Cantò, Matteo Fato, Lorenzo Kamerlengo, Gioele Pomante, Gianluca Ragni, Letizia Scarpello ed Eliano Serafini – rendendo visibili, attraverso attriti e affinità, quei meccanismi propri della coabitazione e dell’organizzazione artistica.
Lo spazio non è mai qualcosa di neutrale: si crea, si connota e si modifica grazie agli attori che, nel tempo, lo abitano e lo attraversano. Le gallerie non fanno eccezione: “Fino a tardi” si costruisce grazie a una trama particolarmente fitta e organica che non riguarda solo i nove artisti del collettivo e i loro lavori, ma anche la LABS, il curatore e il capitale relazionale nascosto in ogni decisione presa o scartata.
In effetti, la mostra non sarebbe stata la stessa se i SenzaBagno non avessero deciso di pernottare all’interno della galleria, mettendo in atto una battaglia di cuscini. Quest’azione collettiva, metafora di certe dinamiche tanto artistiche quanto umane, ha prodotto una parte fondamentale dell’allestimento: le piume d’oca che ora ricoprono il pavimento creano un dialogo tra le singole opere, connettendole come un trait d’union visibile e attraversabile.
Così, pare che lo scontro sia la condizione necessaria per l’incontro. E viceversa. Fino a tardi si apre con Eliano Serafini e la sua Vers libre: l’innesto tra una mandibola di cervo e la punta di un pennino genera una sorta di utensile ibrido e primitivo, riflettendo sulla propensione dell’uomo a piegare la natura a suo favore. Una certa dualità è visibile anche nel Disegno infinito (pausa) di Lorenzo Kamerlengo: la monumentalità di due grandi lastre di cemento verticali è trafitta dal tratto sottile ma tangibile di alcuni disegni scomposti e annotati in superificie.
Sempre interrogando il segno come manifestazione, Gianluca Ragni risponde in pittura con Tutto quello che c’è da sapere: nella piccola tavola incorniciata qualcosa sembra prendere forma, un’entità plumbea che percepiamo e cerchiamo senza riuscire a definirla. Un’ambiguità più edulcorata e intima è quella degli scatti di Letizia Scarpello in Così una parte del mio cuore torna al suo cuore: la sequenza di stampe – nata dall’incontro tra scultura prima e fotografia dopo – racconta l’intersezione quasi amorosa tra due cilindri di gommapiuma.
Tra gli altri lavori, una sfumatura ironica e pop caratterizza le Postcards from Earth di Gioele Pomante, una serie di cinque ipotetiche cartoline turistiche del pianeta Terra, souvenir del rapporto tra identità e spazio geografico. Porta a compimento l’intera riflessione di Fino a tardi l’intervento diffuso (ed eseguito a distanza) di Francesco Alberico, Position for a decision: la parola decisione, più volte trascritta e barrata lungo le pareti, diventa una sorta di elogio al ripensamento insito nel processo artistico.
Opere, allestimenti, ricerche, esposizioni: dopotutto, ogni risultato – individuale o collettivo che sia – è sempre il frutto di una potenziale moltitudine poi giunta a una forma. E per arrivarci, talvolta, è necessario rimanere svegli. Fino a tardi.
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