Gianna Parisse, Brevemente risplendiamo sulla terra, veduta della mostra, Galleria Heimat, Roma, 2025
Lento, ancora più lento del tempo che dovremmo sempre dedicare ad una mostra, deve essere il tempo per guardare Brevemente risplendiamo sulla terra di Gianna Parisse a cura di Nicoletta Provenzano, visitabile alla Galleria Heimat a Roma fino al 21 giugno.
Uno scanner ha letto le immagini. Immaginare quella luce che passa con lentezza non solo sulla fotografia ma sulla nostra percezione, come se fosse memoria. Una memoria iconica che diventa, nell’effetto quasi di carta millimetrata cercato da Parisse, un racconto capace di puntualizzare, di rendersi preciso, forte eppure lirico, di farsi condivisione, dolente ma luminosissima memoria comune. L’incertezza dell’impronta luminosa, della messa a fuoco, sprigiona uno splendore consapevole e nitido.
Sul confine tra la notte e il giorno del 24 agosto 2016, la terra trema e trema e trema ad Amatrice. Quella notte era, per i Romani, la notte in cui si apriva il Mundus, quell’apertura che metteva in comunicazione il mondo dei vivi e quello sotterraneo, dimora degli antenati e delle anime dei defunti. Mundus patet si diceva, cioè il mondo è aperto. Si trattava di un rito dal carattere purificatorio, la stessa parola “mundus” significa mondare, purificare.
Mundus si chiama l’archivio creato dall’artista che da qui ha selezionato i lavori in mostra, divisi in grandi fotografie e immagini in proiezione che con delicatezza guardano le crepe che quel terremoto ha aperto nella natura, negli affetti, nella quotidianità. Rami, pietre, vetri, porcellane che sono diventate fenditure. Non si risaldano quelle crepe, nei loro margini si addensa l’ombra, ma riescono a farsi luce e quindi, seppur nel persistere della frattura, a purificarsi dal buio assoluto che ha avvolto la vita di molte persone e anche la natura, il fluire del tempo che le ospitava.
Conoscete una Camera a nebbia? È una scatola satura di vapore acqueo dove uno stantuffo comprime quel vapore e carica elettricamente gli atomi con i quali si scontra creando, lungo il proprio tragitto, un fitto susseguirsi di nuclei di condensazione formando una nebbia preziosissima poiché indica a chi osserva la traccia bianca lasciata dalla traiettoria percorsa dai nuclei di atomi che possono essere fotografati attraverso una parete trasparente della scatola e da qui si può risalire, con particolari accorgimenti, alla determinazione della natura della particella.
Si penserà che tutto questo non è pertinente a una mostra come Brevemente risplendiamo sulla terra, ma non è così. La mostra è un’affascinante Camera a nebbia dove, in virtù del lavoro attentissimo di Parisse, bisogna immaginare degli irraggiamenti di materiale che è precipitato sul finire di una notte terribile. Quel materiale è vegetale, minerale, frammento di oggetti d’uso e d’improvviso ci appare luminoso e visibile nel suo senso, anzi nei suoi molti sensi che si sono condensati in quelle immagini che l’artista ha spinto sotto il nostro sguardo creando una scia, una traiettoria di spazio e di tempo, appunto, caldamente significante.
Oggi sappiamo bene che non esiste la persistenza della visione o almeno quella persistenza non avviene sulla retina. È l’arte che si incarica di appoggiare sulla retina la memoria e la sua traccia visibile, di ricomporla affinché si faccia storia. Questo lavoro ci riesce appieno.
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