Alix Smith fa fotografia pensando alla pittura. Le sue inquadrature sono come fotogrammi bloccati prima di ogni sequenza, che insistono su ritratti raggelati e su pose di compassata eloquenza. Messinscene stentate in contesti di una sobrietà disarmante, con effetti di iperrealismo straniante per la normalità ostentata ai limiti del compiacimento.
L’obiettivo ha freddato un campione di gente comune, mentre dà fondo ai suoi pallini quotidiani, inghiottiti come la proverbiale mela del dottore: le prestazioni da studio improvvisate dopo il bagno, quando lo specchio è un elisir di lunga vita, o una signorina oversize tutta coloranti che scala con gli occhi i piani di una torta gigante. Vista al cannocchiale la normalità a volte fa paura: farsi fotografare con nostalgica grandeur nel salone di casa propria, o rimanere con gli occhi sbarrati nell’attesa angosciosa che le sveglie puntate all’unisono suonino a dovere. È la dura sentenza contro l’incertezza di chi si pasce nel sogno di una vita diversa, e nell’intimità non trova che lo spazio per coltivare le sua molli aspirazioni. Ma non è anche violazione della privacy, dove chi vuole fa quello che gli pare e piace?
Erika Somogyi invece, fa pittura pensando alla fotografia. Sulla parete opposta i suoi acquerelli vibrano di invenzioni cinetiche che danno all’immagine la profondità di un’immersione virtuale. I piccoli dipinti messi accanto alle tele sono come ritagli di quelle, ottenuti al microscopio. Come il dettaglio della pioggia colorata in cui è scomparsa la scena principale di Sinking ship, dell’automobile che traghettava i due naufraghi senza speranza.
La composizione a riquadri dello sconfinato paesaggio naturale di Staring at the Sea fa pensare alle foto panoramiche, ma la scena divisa in parti che hanno vita propria è anche il pretesto per mobilitare lo sguardo, in assenza di animazione, e per passare dall’esterno all’interno di una tenda da campeggio, con la disinvoltura con cui si cambia visuale in una partita ai videogiochi. I soggetti di Somogyi sono di un’ingenuità accattivante, che suscita fantasiose soluzioni su quale potrà essere la sorte dei due naufraghi nella foresta, il sogno suscitato dalla lettura di una rivista, i segreti di una tenda da campeggio abitata da solitari indumenti.
In definitiva? Tagliente e giudiziosa la prima; sfuggente e aleatoria la seconda. Una più risoluta con la tecnica. L’altra con le buone intenzioni.
carmen metta
mostra visitata il 30 aprile 2006
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ancora una volta con questi giovani dallo sguardo inebetito...mi pare che la galleria si stia un po' "cristallizzando"...