Alice Schivardi, Maja Arte Coontemporanea, Roma
«L’arte della pittura, nella sua ricchezza, ci ha abituato a una tale sovrapposizione di elementi da nascondere la funzione di ciascuno di essi a profitto della rete di significati che ne sostiene globalmente l’insieme» osserva Giovanna Dalla Chiesa, curatrice di Quando filo, colore, parola s’intrecciano, il ciclo di mostre che mette a confronto il lavoro di Alice Schivardi, Luciana Pretta, Luisa Lanarca nello spazio in Via di Monserrato a Roma di Maja Arte Contemporanea.
Alice Schivardi (1976) ha approfondito il disegno come metodo d’indagine e di sperimentare continuamente materiali e tecniche, accumulando una molteplicità di esperienze sia in ambito lavorativo che umano e sociale. Luciana Pretta (1980), esplora temi legati alla memoria, all’identità e alla relazione tra passato e presente, attraverso un uso intenso del colore e materiali di recupero. La sua pratica integra elementi naturali e organici – come pigmenti, oli essenziali e cotone grezzo – sottolineando un impegno per la sostenibilità e la consapevolezza ambientale. Luisa Lanarca (1957) da anni ha scelto una vita appartata, lontana dalle convenzioni sociali, guidata dalla ricerca di libertà e da un profondo legame con le leggi naturali e cosmiche. La lettura – con Thoreau ed Emily Dickinson tra i suoi principali riferimenti – e la tessitura costituiscono il fulcro della sua esistenza, insieme ai suoi telai e al suo fedele cane Mosé.
«In questa mostra, che sembra fatta apposta per sottolineare i contorni di una costellazione femminile, a ciascuna delle tre artiste è affidato il ruolo di sostenere integralmente la funzione di uno di essi sullo sfondo di un sottile rinvio alla pittura: ad Alice Schivardi (in mostra dal 19 febbraio all’8 marzo) il potere del filo che nei suoi “disegni a ricamo” prende il posto della matita o della penna per tracciare figure che si librano nell’aria grazie ai supporti trasparenti marcando la dimensione aerea e infinita dello spazio, quanto la sua concentrazione in piccoli dettagli; a Luciana Pretta (dal 12 al 29 marzo) lo scorrere delle emozioni nelle distese di colore che scivolano come una coltre liquida da cima a fondo, da cielo a terra, simulando la tettonica di un ambiente morbido e accogliente capace di avvolgere il nostro spazio come fanno gli arazzi; a Luisa Lanarca (dal 2 al 19 aprile) il compito d’intrecciare filo, colore, luce, chiamando in causa la parola poetica attraverso l’arte della tessitura, sino a trasformarla in un’invocazione, trascritta secondo i canoni delle insegne e delle affiches di fine’800», spiega Dalla Chiesa, che a proposito di quel “quando”, nel titolo, ci svela che «vuole indicare non una modalità generale del filo, del colore e della parola, ma il frangente specifico e l’evento particolare in cui le cose avverranno non solo per le artiste, ma per i visitatori che vedranno e saranno chiamati a interpretare le tre differenti personali di due settimane ciascuna, intrecciandone i fili, per farne emergere le variabili in un sostrato comune».
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