Categorie: Opening

L’enigma della bellezza da de Cataldo a Finelli

di - 10 Febbraio 2018
Al termine della seconda guerra mondiale una profonda crisi distrugge la fiducia nell’arte e nei suoi linguaggi. Non solo la bellezza della forma sembra lontana e inutile, ma anche le esperienze delle avanguardie (cubismo, metafisica) sembrano ormai superate. Inizia così una profonda ricerca da parte degli artisti di nuove strade per esprimersi, diverse da quelle precedenti. Un percorso che riparte dalla bellezza intrinseca della materia. Già Michelangelo sosteneva che la scultura gli si presentava come già contenuta virtualmente nel marmo originario, così che all’artista non restava che portare alla luce quella forma che la materia già conteneva. Tuttavia, all’epoca di Michelangelo si riteneva che la materia di per sé fosse informe e che la bellezza sorgesse dopo che su di essa si era impressa un’idea, una forma.
Bellezza, invenzione artistica, presentano pertanto un innato cordone ombelicale che le collega all’universo delle cose materiali. Ciò contribuisce a spiegare come nell’arte contemporanea la materia, travalicando il suo tradizionale confine di corpo dell’opera, ne assurga anche a suo fine ultimo e si identifichi con la concezione stessa di bellezza.
È il caso, per vie traverse, talvolta persino parallele, comunque complementari, dei due artisti emergenti protagonisti di due opening odierni a Roma.
Il primo, presso la galleria di Sara Zanin, è Giovanni de Cataldo (Roma, 1990), la cui ricerca artistica comprende l’uso di materiali provenienti prevalentemente dall’ambito edile e industriale, non per una ricerca del nuovo a tutti i costi, né per la volontà di demitizzare la materia “nobile”, ma per le rabdomantiche qualità estetiche, espressive che essi posseggono. Qualità che il giovane artista romano lascia manifestare, limitandosi magari a favorirne l’attuazione con la spontaneità del caso o la fantasia del sogno. Il tutto in un alveo di ricerca coerente con il contesto di provenienza, quel Pastificio Cerere da cui ha interiorizzato, forse in un processo per osmosi, il rifiuto di ogni condizionamento del passato, l’importante presenza di una manualità artigianale in un operare – più che storico – metastorico, il rifiuto di una programmazione riducibile a un “manifesto” artistico, l’azzeramento di ogni differenza tra astratto e figurativo.
Il secondo artista a cui mi riferisco, da questo pomeriggio nelle sale della giovane galleria Triphè di Maria Laura Perilli, è Antonio Finelli (Campobasso, 1985), con il suo uso magistrale della grafite e della carta (supporto complice), ma anche con il recente sconfinamento plastico nell’installazione di ceramiche e placche d’oro per imprimere quelle parti del corpo umano sottratte dai suoi disegni. Convinto della fondamentale mancanza di senso nel mondo e dell’inesistenza di una bellezza unica, tanto meno di quella visibile, Finelli ha fatto della sua arte il mezzo per tentare di svelare quell’inconscio tanto individuale quanto collettivo, per sprigionarne almeno un lembo di “vera” bellezza, quella onirica celata oltre l’epidermide (in tutti i sensi) della superficie. (Cesare Biasini Selvaggi)
In homepage: Antonio Finelli, installation view, Galleria Triphè, Roma
In alto: Giovanni de Cataldo, San Lorenzo, Z2O Sara Zanin Gallery
INFO
Opening: ore 18.00
Giovanni de Cataldo. San Lorenzo
Con un testo di Cecilia Canziani
dal 10 febbraio al 17 marzo 2018
Z2O Sara Zanin gallery
via della Vetrina 21, 00186 Roma
orari: dal martedì al sabato dalle 13:00 alle 19:00 o su appuntamento
www.z2ogalleria.it

Opening: ore 18.30
Antonio Finelli. The passage of time
dal 10 febbraio all’8 aprile 2018
Galleria Triphè
via delle Fosse di Castello 2, Roma
orari: tutti i giorni 10.00-13.00 16.00-19.00; chiusura domenica e lunedì
www.triphe.it

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