Categorie: parola d'artista

exibinterviste | la giovane arte – Elisabetta Benassi

di - 7 Febbraio 2003

All’Accademia Americana di Roma hai appena inaugurato il tuo ultimo lavoro, ce ne vuoi parlare?
È un video intitolato Noon, dedicato al cannone che spara ogni mezzogiorno dalla terrazza del Gianicolo a Roma. I romani lo chiamano “il mostro”. Io abito lì vicino e lo sento tutti i giorni. Ho voluto documentare tutte le fasi di questo rito quotidiano, l’arrivo dei quattro artiglieri con la scatola che racchiude la carica a salve, il trasporto del cannone dal piccolo locale dove è custodito alla piattaforma posta sotto la terrazza, la pulitura dell’arma, la carica, l’attesa e il “botto”!

Perché il cannone?
L’idea di quel cannone mi è sempre piaciuta, ne ho sempre sentito il valore allegorico: un’arma vera, ma che spara a salve… ho pensato ai cannoni di Pascali, anche quelli armi non armi. Poi le coincidenze: portare un cannone all’Accademia Americana in questi giorni, e la vicinanza fisica del “mostro” all’Accademia, non più di duecento metri in linea d’aria…

Facciamo un passo indietro, quando è iniziata la tua attività artistica?
Ho cominciato nel 1996 con una mostra in uno spazio a Tor Bella Monaca, un quartiere alla periferia di Roma. Ho frequentato l’Accademia di belle arti a Roma e per qualche tempo ho lavorato con Nunzio. Inizialmente ho lavorato con l’installazione, poi dal 1999 ho iniziato a usare la videocamera.

Ed ora? Hai delle gallerie che ti seguono?
Lavoro in Italia con Massimo De Carlo a Milano e con Antonella Nicola a Torino.

Hai detto di fare video. Ma cosa si può acquistare delle tue cose allora?
Le mie videoinstallazioni sono composte da elementi diversi ed oggetti, di cui fanno parte uno o più video, e sono solitamente pezzi unici. Dei miei video non inclusi nelle installazioni realizzo tre o cinque copie DVD, ognuna numerata e munita di certificato di autenticità e di istruzioni per una corretta proiezione. Ho realizzato anche fotografie come opere autonome, di solito stampe di formato medio e grande.

Le tue opere sono quotate molto?
Per le installazioni si parte da quindicimila euro, per i DVD dai settemila euro.

Sei romana. Che rapporto hai con la capitale?
Roma è una città bellissima, dai forti contrasti, mi stimola e mi aiuta a lavorare. Spero solo non diventi un grande set cinematografico. Manca forse un più stretto rapporto e confronto tra artisti e intellettuali, che potrebbe arricchire il nostro lavoro e mi piacerebbe veder crescere maggiormente un collezionismo serio, motivato e costante.

Il tuo prossimo impegno?
Sto lavorando mostra The Moderns al Castello di Rivoli in aprile.

bio Elisabetta Benassi è nata a Roma nel 1966 dove vive e lavora. Ha all’attivo numerose mostre tra cui 1999 : Ars Medica – Fuori Uso ’99, a cura di Ludovico Pratesi & Paola Magni, ex clinica Baiocchi, Pescara, 2000 : Special Projects, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, P.S.1 Contemporary Art Center, New York, Boom!, a cura di Luca Cerizza, Gianfranco Maraniello, Sergio Risaliti, Ex Manifattura Tabacchi, Firenze, 2001 : II Berlin Biennale, a cura di Saskia Bos, Berlino, 2002 : Manifesta 4, a cura di Iara Boubnova, Nuria Enguita Mayo, Stéphanie Moisdon Trembley, Frankfurt am Main.
gallerie di riferimento Massimo de Carlo, Milano; Antonella Nicola, Torino

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pierluigi sacconi

exibinterviste_la giovane arte è un progetto editoriale a cura di paola capata

@https://twitter.com/pilus

Giornalista pubblicista dal 2004. Vive in Italia, Svizzera e Stati Uniti.

Visualizza commenti

  • ah pietro, l'ho visto e mi fa cacare come tutte le altre sue cose che ho visto, opere senza nessun reale senso di esistere se non quello che forzatamente gli appiccicano i suoi amichetti o compiacenti critici.....con i quali riesce molto bene a flirtare, si almeno in questo devo ammettere che è molto brava!....

  • La mia non era una critica rivolta alla Benassi in particolare, figurati, a me piacciono i suoi lavori. Cercavo appunto di informarmi come hai "suggerito" tu stesso. Che il problema del supporto non si limit al solo DVD lo sapevo, l'ho preso come spunto per saperne di più in generale. Rimane il fatto che anche tu non mi hai risposto: che me frega se la margarina di Beuys domani si squaglia, lo so già, io chiedevo appunto se si è a conoscenza dei rimedi per far si questo non avvenga. E se anche tu ammetti che questo è un problema dell'arte contemporanea mi sta bene, ma rimane senza risposta la mia domanda. Avete la coda di paglia, appena uno chiede chiarimenti subito vi sentite attaccati, e smettetela, non siete i deux ex machina di niente, siete solo degli operai dell'arte come tanti che qualche volta vengono promossi di livello, ma i padroni sono altri. Ora sentirsi minacciati da altri operai, è stupido. Insomma chi mi vuol dire come faccio a conservare questi tipi di supporti? e che diavolo, poi sono io che mi riempio la bocca...ma voi porca miseria dovreste imparare a togliervi il paletto conficcato nel deretano, parlate sempre a denti stretti!

  • la benassi e seria e brava e ben ci rappresenta a livello internazionale. di cannoni nell arte vi ricordo quello splendido esposto da sargentini nella sua galleria a roma conla parete di fronte distrutta dall ipotetica palla

  • Ma è proprio necessario essere rappresentati a livello internazionale dalla benassi?
    Sapete, la cosa mi fa sentire un po' a disagio.
    Niente di personale, i suoi lavori li trovo semplicemente piatti, non mi trasmettono niente.

  • Ho letto tra i commenti uno che sembra porre una questione interessante. L'argomento riguarda la deperibilità di un supporto magnetico o digitale. Credo non si possa stabilire con assoluta certezza la durata di certi supporti come i nastri, le stampe lambda o i plotter. Se ci si informa presso i tecnici, questi rispondono che sono "garantiti" 100 anni, 150 etc etc ma la garanzia, in realtà, non è mai scientificamente provata. La verità è che, come sottolineava Pietro, questo è un problema legato all'arte del nostro tempo,
    e in quanto tale, nessuno può in effetti stabilire con certezza quanto dureranno certi supporti. Lo verificheremo con il passare degli anni. Al di là di tutto, io penso che ciò dipenda semplicemente dalle modalità di conservazione. Ho visto nastri magnetici molto datati in condizioni perfette e che restituivano ottime immagini. In un certo senso è un pò come un dipinto olio su tela: se lo si tiene in un ambiente umido oppure troppo caldo (come spesso accade nei depositi di moltissimi musei italiani purtroppo) la tela subirà danni gravissimi. Ecco, spero nel mio piccolo di aver contribuito a chiarire un pò i dubbi del nostro lettore. Saluti.

  • per il f.to di archiviazione e la durata del supporto non ci sono, ad oggi, delle specifiche certe. se il dvd durasse i 20/30 anni sarebbe già un'ottima cosa. fatto è che spesso graffi accidentali, polvere e umidità ne compromettono seriamente la leggibilità. ibidem per i cd audio. sia quelli originali che i masterizzati. quindi con substrato silver o gold. il problema poi si ingrandisce se si fa un passo indietro. pensiamo al betamax (sony), f.to di gran lunga superiore al vhs (jvc), che all'epoca perse la battaglia con jvc per la larga diffusione. se oggi fossi in possesso di un archivio in betamax probailmente dovrei aver conservato, gelosamente, anche la macchina per la riproduzione. altrimenti parte di tale archivio analogico sarebbe quasi perduto. la soluzione, adottata anche dall'asac a venezia, è periodicamente rimasterizzare su di un formato superiore. per l'analogico ogni passaggio significa perdita di qualità. è possibile inoltre che il fornitore, diciamo l'artista oppure il gallerista (in quanto garante della qualità dell'investimento) possano fornire una garanzia sul "prodotto". se io vendo un dvd a 1 euro posso, attraverso un accordo, fornire eventualmente una forma di garanzia sull'evoluzione del supporto. in genere esistono anche le assicurazioni. in ogni caso il problema è equivalente a moltissime, la maggior parte, stampe digitali. la garanzia di stabilità di tali stampe è data dal supporto dove vengono applicate, dal tipo di colla, dal tipo di inchiostro, dal tipo di carta fotografica, dal tipo di plastificazione, ecc. ibidem per la fotografia classica. tenuta al riparo dalla luce diretta dei raggi del sole garantisce una buona durata, ahi noi non eterna. accontentiamoci dei 50 anni medi di durata garantita, sia dal supporto fotografico che video. stiamo molto attenti agli artisti "digitali" improvvisati. per chi compra, soprattutto nel caso specifico dell'investimento, chieda sempre dei dettagli a garanzia del denaro speso, richiedendo quindi mooolta professionalità.
    per chi è in possesso di materiale video d'annata lo riversi su di un formato superiore.
    da vhs a svhs - da 8mm a hi8 - da umatic a betacam eccetera. oppure rimasterizzi tutto in dvd. nel caso non voglia, è consigliato far girare (avvolgere e riavvolgere) il nastro almeno una volta ogni 6 mesi. per evitare che l'ossido formatosi ne comprometta definitivamente la qualità iniziale. eventualmente una bella scatola a tenuta ermetica e un paio di bustine anti umidità. normalmente incluse nella confezione di vendita di materiale elettronico.

  • che l'artista sia inesistente lo dici tu. vatti a vedere il suo video all'accademia americana e poi ne riparliamo. per quanto riguarda la deperibilità del supporto questa è una questione che interessa in generale tutta l'arte contemporanea. e i vhs di viola? e di paik? e la margarina di beuys? ma perchè non provate ad informarvi prima di parlare? ah già, perchè è troppo figo riempirsi la bocca di chiacchiere. bah.

  • postilla all'intervento.
    pensate che ulrich egger, artista della "scuderia" pronto alla quale noi fieramente apparteniamo, ha presentato dei pezzi nuovi, a dir poco strepitosi, ad artefiera. prima di portare in giro un lavoro, ci diceva, lo tiene in studio per circa 6 mesi. questo per essere sicuro della stabilità dello stesso e per verificarne la solidità costruttiva sottoponendolo a "vita dura". questi ultimi lavori, lui nasce come scultore per chi non lo conoscesse, sono dei delicati equilibri fra assemblaggi di stambe lambda bianco/nero su carta fotografica, piani monocromi dipinti e intreventi tridimensionali. non attraverso software, ovviamente, ma inserendo delle forme in ferro in questi "strani" paesaggi industriali. nulla di "nuovo", forse, ma reggere l'equilibrio dell'assemblaggio, delicato ripeto, fra il bidimensionale e l'oggetto per così dire palpabile non è da tutti. vabbè non sarà fashion, non vivrà a milano, ma a merano, non sarà GgGiovane, i 40 li passa, ma credetemi che spesso è un onore conoscere e lavorare con "stà gente".

  • me suca:
    pensate che ulrich egger ha presentato dei pezzi nuovi, a dir poco strepitosi, ad artefiera. prima di portare in giro un lavoro, ci diceva, lo tiene in studio per circa 6 mesi. questo per essere sicuro della stabilità dello stesso e per verificarne la solidità costruttiva sottoponendolo a "vita dura". questi ultimi lavori, lui nasce come scultore per chi non lo conoscesse, sono dei delicati equilibri fra assemblaggi di stambe lambda bianco/nero su carta fotografica, piani monocromi dipinti e intreventi tridimensionali. non attraverso software, ovviamente, ma inserendo delle forme in ferro in questi "strani" paesaggi industriali. nulla di "nuovo", forse, ma reggere l'equilibrio dell'assemblaggio, delicato ripeto, fra il bidimensionale e l'oggetto per così dire palpabile non è da tutti. vabbè non sarà fashion, non vivrà a milano, ma a merano, non sarà GgGiovane, i 40 li passa, ma credetemi che spesso è un onore conoscere e lavorare con "stà gente".

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